E’ pieno giorno quando una donna completamente nuda si aggira con un neonato svestito fra le braccia per le sale espositive del museo tedesco Muenster e si imbatte in una famiglia, anch’essa con un bimbo in braccio. Si tratta dell’artista svizzera trentaduenne, Milo Moirè. Una passeggiata in tutti i sensi, girare senza abiti, in confronto all’esibizione artistica nella quale, un anno fa a Colonia, sempre vestita soltanto della sua pelle, in piedi al centro della piazza, Moirè lasciava cadere dalla propria vagina, uova di vernice rossa su un lenzuolo bianco.
L’arte contemporanea spesso esce dagli schemi, eliminando la staticità per esprimere sentimenti in continua evoluzione attraverso corpi in movimento e sovente per lanciare provocazioni forti in reazione a tempi altrettanto spigolosi. Il nudo, da sempre genera una rottura dai paletti della morale e del perbenismo. In un odi et amo, si sono succeduti molti artisti, ma l’eccentrica – il termine passa quasi come un eufemismo – Moirè va oltre, troppo oltre. Non desta provocazioni ma imbarazzo. I visitatori sono costretti ad assistere turbati all’adamitica passeggiata dell’artista.
L’artista è stata altre volte cacciata dal museo come è accaduto al museo di Art Basel in Basilea perchè i visitatori sono stati offesi da questa violenta espressione artistica della donna. Non la risparmiano nemmeno i critici d’arte come Anke Lange: «Sono anch’io per le espressioni artistiche alternative, ma questo è ridicolo. Moirè pensa che guardando nuda dipinti di persone nude entri anche lei a far parte dell’opera». Le sue opere non hanno pubblico