“Non avevo mai visto una cosa del genere in quarant’anni”. Jean Coqueraut, arbitro internazionale di scacchi, non riesce a crederci. E’ stato lui ad espellere dal torneo di Imperia Arcangelo Ricciardi, un ragazzo sorpreso a riprendere le partite con una microcamera e a farsi suggerire le mosse di gioco da un complice collegato ad un computer. Il ragazzo aveva battuto, uno dietro l’altro, giocatori e maestri di scacchi molto più quotati di lui, modesto giocatore. Coqueraut aveva intuito qualcosa, che il trucco c’era: “Me la sta facendo sotto il naso, non è possibile. Non ci dormivo la notte, dovevo fermarlo”.
I risultati, troppo eclatanti per un giovane inesperto, erano di per sé sufficienti ad alimentare pesanti sospetti. L’arbitro racconta che nel gioco “sono impossibili performance di questo tipo, non poteva essere un genio, doveva essere un baro”. La cosa che ha suscitato maggior meraviglia nell’arbitro era il fatto che il giovane restava immobile, sempre seduto sulla sedia. “Molto strano. Non si alzava mai. Aveva sempre le braccia conserte, non toglieva mai il pollice da sotto l’ascella. Sbatteva gli occhi in maniera innaturale, come se fosse concentrato su altro, e non sulla scacchiera”.
L’arbitro intuisce che il ragazzo stava decifrando dei segnali in codice morse. Il sofisticato sistema che ha permesso a Ricciardi di vincere otto turni pare sia uno “spy-ciondolo” con microcamera unito al celebre alfabeto di quasi due secoli fa. Il tutto nascosto sotto la canotta: un trucco degno di Archimede Pitagorico. “Beveva in continuazione, spesso si passava un fazzoletto sulla faccia. Entrambi servivano a coprire il ciondolo con la camera. Doveva essere un segnale per il complice, un sollecito a suggerirgli la mossa perché il tempo stava scadendo”. Al termine della partita si allontanava subito dal tavolo di gioco, non restava mai per il confronto di rito per l’analisi delle mosse. E come avrebbe potuto? Non sapeva assolutamente quello che faceva.
All’inizio Coqueraut ha tentato di smascherarlo facendo svuotare le tasche di tutti i partecipanti. Niente da fare, dalle tasche del ragazzo non esce nulla. L’arbitro chiede allora di aprire la camicia, ma Ricciardi ha rifiutato minacciando una denuncia. All’arbitro la denuncia è arrivata, ma da parte di quattro giocatori che avevano perso contro il giovane. “Non ci ho dormito la notte e alle sei del mattino ho chiamato gli organizzatori: dovete mettere un metal detector”. L’apparecchio suonava in continuazione tutte le volte che Ricciardi ci passava, anche quando ha tolto dalle tasche la moneta da cinque centesimi che diceva essere il suo portafortuna. Il baro degli scacchi ha detto la stessa cosa del ciondolo che teneva al collo, dei fili attaccati al corpo e della scatola di quattro centimetri che portava sotto l’ascella e che, presumibilmente, riceveva i segnali.