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Legge choc contro il segreto confessionale

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Un attacco al segreto confessionale. Così si può inquadrare la legge approvata nel territorio di Canberra, capitale dell'Australia, che rende perseguibile il sacerdote che non riporta casi di abuso sui minori anche qualora ne sia venuto a conoscenza durante la confessione. Così i confessori saranno obbligati a riferire entro 30 giorni all’ombudsman dell’assemblea (figura equivalente al difensore civico) gli eventuali abusi ascoltati nel segreto del confessionale.

Legge in contrasto con la fede

L'imposizione di legge si scontra con la fede cattolica. Il sacerdote che rivela il segreto confessionale, infatti, incorre nella scomunica. Il Codice di Diritto Canonico sottolinea: “Il sigillo sacramentale è inviolabile; pertanto non è assolutamente lecito al confessore tradire anche solo in parte il penitente con parole o in qualunque altro modo e per qualsiasi causa” (983). La legge potrebbe essere abrogata dalla maggioranza dei due rami del Parlamento australiano, ma il clima sembra essere tutt'altro che favorevole in questo senso. Il primo ministro Malcolm Turnbull ha eloquentemente osservato che “la sicurezza dei bambini dovrebbe essere sempre messa al primo posto”.

La critica dell'arcivescovo

Comprensibilmente critica la Chiesa cattolica. Mons. Christopher Prowse, arcivescovo di Camberra, ha commentato, come riporta Il Timone: “I sacerdoti sono legati da un voto sacro a mantenere il sigillo della Confessione. Senza quel voto, chi sarebbe disposto a liberarsi dai suoi peccati, cercare il saggio consiglio di un sacerdote e ricevere il perdono misericordioso di Dio?”. L’arcivescovo condivide chiaramente la preoccupazione di salvaguardare i bambini, ma ha smontato l’idea che un miglioramento in tal senso possa venire violando il segreto confessionale: “Quale persona che commette un abuso sessuale si confesserebbe con un prete se sapesse di poter essere denunciato? È comune esperienza dei pastori che coloro che abusano dei bambini non confessano il crimine, né ai sacerdoti né alla polizia. Se viene rimosso il sigillo, la remota possibilità che loro confessino, e perciò possano essere consigliati a denunciarsi, svanirebbe”.

Il precedente dell'Onu

Come riferisce AciStampa, c'è un precedente del 2014 che riguarda il Comitato Onu per la Convenzione sui Diritti del Bambino, che arrivò persino a fare pressioni sul diritto canonico, non distinguendolo – commenta AciStampa – dalle leggi dello Stato di Città del Vaticano, che erano invece oggetto della Convenzione, e criticando “il codice del silenzio vaticano”, che impedisce “pena scomunica” ai membri del clero di andare a denunciare i casi di cui vengono a conoscenza alle autorità.

Simone Pellegrini: