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L'attacco della Cina al Natale

La città cinese di Langfang, 4,3milioni di abitanti nella provincia settentrionale di Hebei, ha vietato le decorazioni, le luminarie e le pubblicità relative al Natale nonché la vendita di articoli come calze o abiti di Babbo Natale. La direttiva riguarda sia le attività pubbliche sia quelle commerciali private. La motivazione ufficiale resa dalle autorità pubbliche è che le strade devono restare sgombre in vista di un evento pubblico. Nella Cina atea e comunista, tuttavia, certe motivazioni ufficiali lasciano sempre più di un dubbio, anche sulla scorta di alcuni recenti episodi: ad esempio si registra che sono sempre più i villaggi nella provincia dell'Henan che “organizzano spettacoli culturali e teatrali di fianco alle chiese di domenica per scoraggiare la partecipazione alla messa e attirare i fedeli”. Non solo, l'opera di distruzione di croci e chiese prosegue impietosa, nonostante lo storico accordo del 22 settembre tra Cina e Vaticano sul riconoscimento dei vescovi cinesi.

Come riferisce LifeSiteNews, le attività religiose pubbliche non sono state vietate ma, afferma il rapporto delle autorità, devono essere “monitorate da vicino e segnalate alle autorità senior”. Una fonte anonima del South China Morning Pos spiega che non si tratta di un pacchetto di misure anti-natalizie, ma di sforzi extra per vincere il premio nazionale alle “città civilizzate”. Il riconoscimento, assegnato ogni tre anni, si basa su punteggi che prendono in considerazione le infrastrutture, i servizi, lo sviluppo sociale e l'economia del posto. “Nel periodo di Natale le bancarelle di strada e gli ambulanti aumentano, e a volte si tratta di attività illecite”, spiega la fonte. A insinuare che dietro questa misura ci sia ben altro che una ragione di decoro delle strade è sempre il South China Morning Post, che riferisce che l'avviso diffuso ha tratti inquentanti, perché invita i cittadini a denunciare chiunque “diffonde la religione” nei parchi e nelle piazze.

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