E’ ormai giunto in fase di discussione, nel parlamento francese, il contestato disegno di legge, presentato dalla maggioranza socialista, in merito all’estensione del reato di ostacolo all’interruzione volontaria di gravidanza anche alle piattaforme online. Il provvedimento, per il quale il Governo ha disposto la procedura accelerata, è stato presentato il mese scorso e, sostanzialmente, si pone l’obiettivo di condannare tutti quei siti internet i quali “inducono deliberatamente in errore, intimidendo o esercitando pressioni psicologiche o morali, al fine di dissuadere dal ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza”.
Di fatto, se la proposta di estensione dovesse passare, i portali web “pro vita” sarebbero da considerare alla stregua di un ostacolo alla libera scelta individuale, macchiandosi del cosiddetto “delit d’entrave” previsto dalla legislatura di Francia da oltre 20 anni (1993), il quale prevede, in caso di infrazione, sanzioni fino a 30 mila euro e pene detentive da 1 a 2 anni. Un freno, secondo i promotori del provvedimento, da rimuovere in nome della libertà decisionale. Ciò che non è stato considerato, però, è l’importante ruolo che questi portali rivestono nell’ambito dell’ascolto e del dialogo poiché, in molti casi, le donne poste di fronte a scelte così gravi, vi cercano aiuto e consigli.
Per questo il disegno di legge ha sollevato le rimostranze della Conferenza episcopale francese, la quale non ha mancato di sottolineare il fondamentale apporto di questi siti nell’offrire all’aborto un’alternativa di vita. In particolare, è stato l’arcivescovo di Marsiglia, Georges Pontier, a farsi portavoce dei cattolici di Francia, attraverso una lettera inviata direttamente al presidente François Hollande, nella quale ha rimarcato il valore di tutte quelle associazioni che, anche online, tentano di sopperire alla mancanza di adeguati luoghi pubblici di ascolto: “Il loro successo – ha scritto – prova che rispondono a un bisogno. Perché inquietarsi? Molte donne si rivolgono a questi siti, dopo un aborto perché hanno bisogno di un posto per verbalizzare ciò che è stato vissuto. Alcune perseverano nel loro progetto di abortire, altre decidono di tenere il loro bambino. Questa diversità di espressione e comportamento è resa possibile dallo spazio di libertà che sono i siti creati. Il loro posizionamento favorisce la riflessione, e questo è esattamente ciò che essi pagano”.
Il presule ha richiesto il blocco dell’iniziativa contro i “pro-vita”, in nome di quella stessa libertà chiamata in causa dal provvedimento. In ballo non c’è una semplice questione di dibattito politico, ma la possibilità concreta di veder attribuire al concetto di “libera scelta” un senso univoco che non gli appartiene.