Attenzione alle applicazioni di ritocco fotografico: l'uso eccessivo di filtri sui selfie potrebbe scatenare una sorta di “fobia da imperfezione” con conseguente uso smodato dei ritocchi chirurgici. Sembrerebbe un paradosso, ma il continuo bombardamento di volti (fittiziamente) perfetti onnipresenti in pubblicità come nei social e nei selfie può avere effetti psicologici negativi.
Si chiama Disturbo dismorfico del corpo (Bdd), o dismorfofobia, (dal greco antico dis – morphé, forma distorta e, phobos = timore) ed è una forma di fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un'eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea. Negli Stati Uniti questa malattia colpisce una persona su 50, vale a dire milioni di soggetti interessati solo negli Usa.
Le persone che hanno questo tipo di disturbo ossessivo-compulsivo sono ossessionate da imperfezioni spesso inesistenti ed hanno effettuato interventi di chirurgia estetica inutili. Fino ad oggi si pensava che a scatenarlo fossero diversi fattori quali la genetica, l'errata elaborazione del neurotrasmettitore della serotonina o particolari traumi infantili. Ora i ricercatori del Boston Medical Center, nel Massachusetts, hanno aggiunto tra i possibili fattori di rischio i selfie. “La pervasività di immagini modificate – scrivono – può incidere sull'autostima, farci sentire inadeguati” e innescare un nuovo fenomeno chiamato 'Snapchat dysmorphia', che ha come conseguenza anche la ricerca dell'intervento chirurgico “per apparire come la versione 'filtrata' di se stessi”.
A tal proposito, spiegano, un'indagine ha rilevato che nel 2017 il 55% dei chirurghi plastici si occupava di persone che stavano cercando di migliorare il loro aspetto nei selfie; solo 3 anni fa questa percentuale era del 42%. “I selfie con filtri – afferma il coautore dell'articolo, Neelam Vashi, direttore del Ethnic Skin Center di Bmc – possono far perdere il contatto con la realtà” e “questo può essere particolarmente dannoso per gli adolescenti”.