Violenza sessuale, stalking e molestie. Sono le accuse nei confronti di due camici bianchi dell'ospedale San Filippo Neri di Roma. Ad aggravare il quadro di una situazione allarmante e che provoca ribrezzo c'è il fatto che le infermiere della stessa struttura sono le presunte vittime. Dunque in un luogo dove per definizione si lotta tra la vita e la morte, si assiste all'ennesimo scempio di una tra le professioni più nobili che si possa intraprendere. Invece che prendersi cura dell'altro, del bisognoso, dell'infermo avrebbero preferito cercare in modo ossessivo di soddisfare i loro perversi istinti.
La ricostruzione della vicenda
Come nella maggior parte dei casi di violenza, chi la subisce prefersice il sillenzio, almeno fino a quando è dominato dalla paura. “Ero sola, temevo di non essere creduta” ha riferito ai carabinieri una delle infermiere. E ancora: “Ho deciso di scrivere la relazione perché il coordinatore degli infermieri mi ha riferito che un episodio analogo era già accaduto a una collega molestata in sala operatoria e che avrebbe scritto un report”. Ed ecco che il timore viene allotanato. Almeno parzialmente perché la donna confida che “mi faccio scortare dai colleghi fino al parcheggio, pur di non rimanere sola”. I due medici coinvolti nella vicenda sono stati rinviati a giudizio. Eppure dalle indagini coordiante dal procuratore aggiunto Maria Monteleone e dal pm Antonio Calaresu emerge una situazione assurda. Infatti per ovviare al problema degli slanci erotici dei due medici per un periodo nella sala operatoria di chirurgia urologica erano stati disposti affiancamenti di paramedici di solo sesso maschile. Un accorgimento che è servtito a poco. Sarà lo stesso gip a descrivere la situazione “allarmante e desolante”. D'altronde non ci sono altre parole per chi avrebbe approfittato della sua posizione per allungare le mani, accarezzare, palpeggiare e baciare chi avrebbe voluto soltanto fare il proprio lavoro.