Maxi frode fiscale a Vicenza grazie al fenomeno di illecito fiscale dei “sostituti di imposta”. I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo per oltre 224.000 euro.
La cifra è pari al valore delle ritenute, relative all’anno 2017, certificate e non versate da una società di capitali di Venezia. L’azienda, che opera nel settore della produzione e installazione di impianti elettrici, è attualmente in fallimento.
La frode fiscale
In particolare, l’attività investigativa dei finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria ha condotto a rilevare che l’amministratore, nonché liquidatore della società di capitali non aveva provveduto, entro la scadenza del 31 ottobre 2018 (termine per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta relativa al 2017), al versamento delle ritenute dovute in ragione degli emolumenti erogati per oltre 224.000 euro.
All’amministratore è stato pertanto contestato il reato di “omesso versamento di ritenute dovute o certificate” ed il G.I.P. del locale Tribunale ha successivamente emesso un Decreto di sequestro preventivo per un valore corrispondente al profitto del crimine commesso, pari alla cifra non versata all’Erario.
Il sequestro
In fase di esecuzione del provvedimento magistratuale, le Fiamme Gialle vicentine hanno sottoposto a sequestro un fabbricato ubicato nella provincia berica, per un valore di oltre 146.000 euro, nonché disponibilità finanziarie detenute su rapporti bancari per oltre 77.000 euro.
L’operazione – spiegano le Fiamme Gialle – si inquadra nella costante azione di contrasto all’evasione fiscale ed è stata sviluppata trasversalmente facendo leva sulle peculiari funzioni di polizia economico-finanziaria del Corpo.
E’ stata condotta nella prospettiva di assicurare all’erario, attraverso il sequestro preventivo eseguito, l’apprensione a vantaggio della collettività dei beni suscettibili, in caso di condanna, di confisca.
Sostituti di imposta
nello specifico, quello odierno è un altro caso riconducibile al fenomeno di illecito fiscale posto in essere dai soggetti “sostituti di imposta” che operano le trattenute sullo stipendio dei propri dipendenti e/o collaboratori e, poi, non le versano all’Erario, generando, da un lato, un arricchimento illecito per se stessi e, dall’altro, un mancato incasso di risorse finanziarie necessarie per l’attività dello Stato e, potenzialmente, un’uscita indebita in caso di presentazione da parte dei dipendenti di dichiarazione dei redditi con saldo a credito.