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Destiny, l’ultimo videogame: un fiume di denaro per incitare alla violenza

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 Una space opera di ambientazione fantascientifica, o per meglio intenderci un sottogenere del decrepito Guerre Stellari: sei nello spazio, armato fino al midollo. Soldato e guardiano, vivi nella torre dell’ultima città umana rimasta sul pianeta Terra e devi combattere un tuo antico nemico. Puoi giocare da solo o in compagnia, e la grafica è ottima, analoga a quella del grande successo “Halo”.
Il videogioco “Destiny”, con grande emozione del pubblico geek, approda oggi nei negozi di tutto il mondo e già si aggiudica il primato per il maggior numero di prenotazioni ricevute. Non è che abbia qualcosa di diverso da tutti gli altri videogiochi sul mercato: trama apocalittica, cattivissimi dello spazio che il giocatore deve sconfiggere, prezzo che varia – sulla base delle espansioni – dai 70 a 200 euro. Un gioco come un altro, insomma. Un altro mix di mitra, pistole e fucili ad onde elettromagnetiche. Solo che la sua realizzazione è costata 500 milioni di dollari, e la durata della storia sarà di ben dieci anni.

Questa mattina, fuori dagli stores, a fare la fila per aggiudicarselo erano quasi cinque milioni di persone. Con “Destiny” la cassa dei creatori continuerà a tintinnare innumerevoli volte nel corso del tempo, visti i continui aggiornamenti previsti. E questo tintinnio, che suonerà sotto la copertina nuova di zecca nelle mani del ragazzo in balìa dei fremiti per la voglia di uccidere e sparare, è ancora una volta la triste – ma più cara – reiterazione di quell’arcaico arsenale che, nel mondo dei videogame, non vuol dare spazio a prospettive di gioco differenti, che rispecchino la vita vera. Quella che oggi, ai giovani, sarebbe più che mai necessaria.

 

Giulia Capozzi: