I ripetuti attacchi contro le chiese cattoliche, le accuse contro Madre Teresa di Calcutta lanciate da leader del gruppo paramilitare e le conversioni forzate dal cristianesimo all’induismo. Uno scenario che desta allarme in tutti i cristiani dell’India, che nonostante le rassicurazioni del primo ministro Narendra Modi di voler impedire di utilizzare le religioni per fomentare l’odio, sono costretti a vivere “sul chi va là”. L’ennesimo episodio di intolleranza religiosa si è verificato nei confronti della chiesa di St. Joseph, alla periferia di Mangalore nell’India meridionale. Alcuni vandali hanno danneggiato le vetrate e le porte della chiesa, ma fortunatamente non hanno colpito le immagini sacre all’interno del luogo di culto.
“Il mio governo assicurerà che vi sia una completa libertà religiosa perché tutti hanno un innegabile diritto di professare la religione da loro scelta”, ha dichiarato il premier Modi riferendosi all’accaduto. Non è il primo episodio di vandalismo, se così lo vogliamo definire, che viene perpetrato nei confronti della chiese cattoliche, negli scorsi mesi episodi dello stesso genere si erano ripetuti soprattutto a New Delhi. Se a queste deturpazioni di edifici simboli della cristianità aggiungiamo il visto negato a due arcivescovi, le recenti dichiarazioni di alcuni radicali indù, che hanno affermato di continuare con le conversioni di cristiani e musulmani finché non interverrà il governo, aprono lo scenario su una situazione ben più grave, che esula dal singolo atto vandalico.
Nonostante si parli molto di tolleranza religiosa, apertura al dialogo, i comportamenti di alcuni membri delle maggioranze religiose sembrano ignorare la libertà di coscienza che viene garantita dalla Costituzione dell’India ai sensi dell’articolo 25. Inoltre anche il sistema educativo non favorisce un’integrazione dei cristiani, ma li riduce a cittadini di seconda classe. In un documento firmato poco meno di un mese fa dal Card. Oswald Gracias, presidente della Conferenza dei vescovi indiani, i pastori di rito latino chiedevano allo stato di “rispettare e tutelare la libertà religiosa”. “Il concetto di tolleranza religiosa dovrebbe far parte del Dna di ogni indiano”, ha dichiarato il premier Modi. Con queste dichiarazioni il governo sembra aver accolto la richiesta dei porporati, ma solo a parole.