Automaticamente donatori di organi, che lo si voglia o no e, soprattutto, che acconsentano o meno le rispettive famiglie. In Francia, con l’inizio del nuovo anno, il silenzio-assenso diventa legge a tutti gli effetti: a meno che non si venga inserito il proprio nome in un apposito registro, dichiarando in tal modo il proprio dissenso sulla donazione dei propri organi, i medici saranno autorizzati all’espianto, in nome della numerosa richiesta di trapianti vigente. Di fatto, d’ora in poi, anziché dichiarare la propria disponibilità, occorrerà specificare l’esatto contrario, consapevoli che, in caso di una dimenticanza, i familiari non avranno potere per impedire tale operazione.
Fa sicuramente discutere la volontà del governo francese di rendere la mancata iscrizione al cosiddetto “registro del rifiuto”, alla stregua di una dichiarazione d’intenti in merito alla donazione. Finora, erano i più stretti parenti del potenziale donatore, in caso dell’assenza di un’apposita volontà, a decretare se concedere o meno l’autorizzazione per effettuare il prelevamento. I promotori della legge, sostengono come la decisione scaturisca dall’impellente necessità di organi (a fronte di liste d’attesa estremamente lunghe) per salvare altre vite. Ciò che viene omesso, però, è il ruolo delle famiglie sulla disposizione del corpo del proprio caro: in sostanza, non avrebbero più voce in capitolo, venendo relegate a un ruolo marginale in merito a una pur così delicata questione.
Un’altra motivazione addetta da coloro che hanno proposto l’emendamento, ha sottolineato il fatto che, spesso, l’emozione del momento spinge i parenti a rinunciare a fornire il proprio consenso, salvo poi pentirsi della propria decisione. Una ragione, forse, non sufficiente per bypassare del tutto sul loro parere il quale, a ogni modo, dovrebbe almeno costituire una voce in capitolo. Secondo i primi dati forniti dal “registro”, sarebbero già 150 mila le persone iscritte. Ma, al di là della volontà dei singoli individui, a lasciare alquanto perplessi è la decisione del governo di entrare così profondamente nella sfera emotiva delle persone, conferendo una caratura legislativa a una decisione che, al netto di qualsiasi opinione, dovrebbe rimanere a discrezione dell’interessato. O, in caso, di coloro che, nel corso della sua vita, hanno condiviso con lui (o con lei) gioie, esperienze, dolori ma, soprattutto, scelte.