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Bosnia, il campo diventa un ring: calciatrice picchia un’avversaria

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Non si può definire una vera e propria rissa, dal momento che a darle è stata una sola delle due protagoniste. L’altra, suo malgrado, le ha solo ricevute, dopo essere stata atterrata e ripetutamente colpita con violenti colpi alla testa. Il tutto, sotto lo sguardo allibito delle altre ragazze presenti in campo. Sì, perché il fattaccio è andato in scena durante una partita di calcio femminile, in Bosnia, nel match tra tra lo Zeljeznicar ed il Mladost Podgorica. Una vera scena da osteria che, come sfondo, ha però avuto il prato verde del terreno di gioco, per uno di quegli episodi che, su un campo di calcio, non è mai piacevole vedere, qualunque sia la categoria. C’è da dire che una cosa simile, nel calcio femminile si è visto assai di rado. Un diverbio in campo, una reazione esagerata e, da qui, il successivo atterramento da parte della calciatrice della squadra padrona di casa che, in breve, ha iniziato a colpire l’avversaria con forti pugni in direzione del viso.

Gli ospiti: “Senza parole”

Riflessi pronti, comunque, quelli del direttore di gara, rapido nell’intervenire e allontanare l’inferocita atleta dalla rivale sulla quale si era accanita, coadiuvato anche dalle altre giocatrici. Decisamente piccato il commento della società della squadra ospite, la quale ha preso le difese della sua tesserata condannando fermamente il comportamento della calciatrice: “Che tipo di parole per descrivere questo atto, e rimanere entro i limiti del decente? Basti pensare che questo comportamento non ha nulla a che fare con il senso comune, per gente come Sylvia (il nome della protagonista della reazione violenta, ndr) non c’è posto nel calcio e merita una sospensione a vita”.

Rischio radiazione

Effettivamente, il rischio che la squalifica rimediata dopo l’ovvia espulsione in campo si tramuti in una radiazione a vita esiste. Anzi, è molto concreto. D’altronde, come accade anche sui palcoscenici più importanti, violenze di questo tipo in un incontro sportivo non possono essere tollerate. E, senza dubbio, che si tratti di campionati minori o di match ben illuminati dai riflettori mediatici, l’esempio che sono chiamati a dare coloro che calcano i campi di calcio (come quelli di ogni altro sport) resta lo stesso. Così come la medesima deve (o dovrebbe) essere l’esemplare sanzione da affibbiare in caso di episodi di rilevanza fortemente negativa. E quello accaduto in Bosnia rientra decisamente tra questi.

Mattia Damiani: