Le ore non bastano, gli insegnanti non ci sono, i professori di sostegno ancora non arrivano. E i bambini disabili, in molte provincie italiane, per essere seguiti durante le ore di lezione devono fare affidamento sulle loro mamme. Patrizia vive a Bergamo e suo figlio, Matteo, ha 12 anni. Affetto da un disturbo dello spettro autistico associato a psicosi, è sicuramente “un ragazzo difficile, che ha bisogno di una persona non solo sensibile e competente, ma specializzata”. Quest’anno il giovane ha iniziato la scuola media e per legge, vista la gravità della sua situazione, avrebbe diritto ad un sostegno che copra tutte le ore di lezione.
Ma a pochi giorni dalla prima campanella scolastica, la mamma ha ricevuto una brutta notizia: “Una settimana prima che iniziasse la scuola, il preside mi ha detto che Matteo avrebbe avuto solo 6 ore di sostegno e 8 di assistenza – spiega a Redattore Sociale – a fronte delle 20 totali che aveva lo scorso anno. Così io ho minacciato di chiamare il provveditorato, e a quel punto le ore sono diventate 8. Dopo ulteriori proteste, il preside mi ha richiamata assicurandomi che avrei avuto un totale di 18 ore”. Sembrava tutto risolto, dunque. Ma il giorno prima che iniziasse la scuola, Patrizia ha ricevuto l’ennesima telefonata da parte del dirigente scolastico, quella definitiva: “Suo figlio – affermava – non potrà avere alcuna insegnante di sostegno, perché tutti i docenti a cui è assegnato questo incarico ‘sono finiti’ e dunque per lui ci sarà un insegnante ordinario“.
Vista la patologia del ragazzo, che richiede una conoscenza adeguata e una specializzazione particolare, la donna ha pregato l’istituto perché potesse andare lei stessa in aula ad assistere Matteo. Così, il primo giorno di scuola, il ragazzo ha passato sei ore di lezione accanto alla mamma, “con compagni che non conosce e insegnanti che di lui non sanno nulla”.