“Sono un bambino sporco”. Era questo il cartello che un bambino di 9 anni, nato a Donetsk in Ucraina e affidato alle cure di una famiglia italiana, ha dovuto portare al collo come punizione. Una delle tante a cui, secondo l’accusa, era costretto dai genitori adottivi con cui viveva in un paesino del torinese. Ora il ragazzo, 17enne, vive in una comunità a seguito di un provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Torino, mentre la madre e il padre sono stati condannati per maltrattamenti. Durante il processo il ragazzo si è costituito parte civile.
La vicenda
Ad accorgersi delle percosse e delle umiliazioni che quotidianamente subiva il piccolo, sono state le maestre della scuola che frequentava durante la sua infanzia. Il bambino arrivava in classe con vestiti grandi, sporchi e puzzolenti, e sulla schiena aveva spesso dei lividi lasciati da una cinghia o da un bastone. “Mi facevano zappare l’orto sino a sera tardi – aveva raccontato agli inquirenti – E spesso mi fasciavano la testa con una benda per impedirmi di parlare”. Davanti alle accuse, i genitori adottivi si sono sempre dichiarati innocenti.
La condanna
Oggi la condanna a un anno e 8 mesi di reclusione per i genitori. I difensori della coppia annunciano l’intenzione di impugnare la sentenza. “Non si è trattato di un singolo episodio, di un singolo insulto, di una doccia fredda e delle mutande infilate in bocca per punirlo della pipì a letto. Ma di maltrattamenti continui”, aveva detto nel corso del processo il pm Pelosi. “Avrebbero dovuto prendersi cura di lui e invece gli hanno fatto del male come mai nessuno in vita sua. Lo hanno distrutto”, aveva aggiunto. “Una sentenza che non condividiamo e che impugneremo”, commenta l’avvocato Anna Ronfani, difensore della coppia con il legale Valerio D’Atri. “Questa è una storia di un fallimento adottivo, non di violenze in famiglia – sostiene – Leggerò le motivazioni, che saranno molto complesse”. Il giudice Antonio De Marchi ha anche condannato la coppia a una provvisionale di 20 mila euro.