Adescava modelle fingendosi un affermato fotografo dell’alta moda e proponendo book gratuiti alle ignare vittime, salvo poi rivelare le sue vere intenzioni, tutt’altro che professionali: durante i servizi, infatti, l’uomo avrebbe avanzato proposte indecenti e fatto delle avance alle ragazze, arrivando a proporre prestazioni di tipo sessuale a pagamento. E’ così finito in manette un uomo franco-algerino di 49 anni, residente a Milano, già condannato per reati di pornografia minorile e, da tempo, sotto indagine da parte dei Carabinieri del nucleo di Milano-Moscova per presunti abusi ai danni di giovani donne. L’inchiesta era stata avviata a seguito dell’esposto giunto da due amiche di 26 e 30 anni, una studentessa e una hostess, indossatrici nel tempo libero, le quali avrebbero riportato ai militari di aver ricevuto molestie e inviti a consumare alcool all’interno dell’abitazione dell’uomo, luogo nel quale avvenivano i sedicenti servizi fotografici.
Il finto fotografo agiva sempre allo stesso modo, ossia presentandosi alle indossatrici come un professionista del settore e rilasciando un invito a raggiungerlo, rigorosamente sole, nella sua casa di Niguarda (quartiere della periferia settentrionale di Milano) portando una bottiglia di vino o di superalcolici, da consumare nel corso della serata. Una volta attirate le modelle e realizzato alcune fotografie, l’uomo iniziava con le sue provocazioni, assumendo atteggiamenti disinibiti e pretenziosi nei confronti delle ragazze, contro la loro volontà. Stando a quanto riportato dagli investigatori, il malvivente è giunto “persino a proporre rapporti sessuali promiscui e incontri a luci rosse in cambio di denaro”.
Dall’aprile del 2015 in poi, sarebbero stati almeno 7 i casi di molestie che avrebbero coinvolto il franco-algerino. Gli accertamenti hanno richiesto ben due anni ma, alla fine, il responsabile è stato tratto in arresto e posto in stato di custodia cautelare in carcere dal Gip del Tribunale di Milano. Ora dovrà rispondere, oltre che dell’accusa di violenza sessuale, anche di violenza privata (per aver impedito a una delle vittime di lasciare l’abitazione) e di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Si ritiene, infatti, che in almeno due circostanze l’uomo abbia organizzato incontri “hard” a pagamento, intascando una percentuale della somma versata dai “clienti”.