Il Congresso ha proclamato Joe Biden e Kamala Harris presidente e vicepresidente degli Stati Uniti al termine della seduta del Congresso a camere riunite per certificare i voti del collegio elettorale, vinto dal ticket dem con 306 voti contro i 232 di quello repubblicano.
Il parlamento ha respinto alcune contestazione avanzate da esponenti repubblicani dopo che la seduta era stata interrotta per l’assalto dei manifestanti pro Trump a Capitol Hill, costato la vita a una donna uccisa dalla polizia e ad altre tre persone all’esterno dell’edificio.
Un Paese dilaniato
E’ stato il vicepresidente Mike Pence a dichiarare l’accettazione da parte del Congresso dei voti del collegio elettorale, spianando la strada alla cerimonia del giuramento: Biden e Harris giureranno il 20 gennaio.
“Non avete vinto, la violenza non vince mai”, ha detto Pence riferendosi ai manifestanti pro Trump. “Hanno tentato di fermare la nostra democrazia ma hanno fallito”, gli ha fatto eco il leader dei senatori repubblicani Mitch McConnell, mentre il suo omologo dem Chuck Schumer ha puntato il dito contro il presidente e le sue teorie cospirative, che hanno fomentato “non manifestanti ma insurrezionisti degni di essere perseguiti”.
Il Congresso ha dibattuto e respinto solo due obiezioni ai voti del collegio elettorale da parte di repubblicani, in Arizona e in Pennsylvania. Ora il Paese può tentare di “voltare pagina”, come ha auspicato Biden, che giurerà il 20 gennaio.
L’allarme però resta alto, dopo un assalto costato 4 morti (tre per emergenze mediche e una veterana dell’aeronautica fan di Trump), 13 feriti e 52 arresti.
Nella notte – riporta Ansa – sono state trovate e disinnescate dall’Fbi due bombe artigianali vicino ai quartieri generali del partito repubblicano e democratico nel centro di Washington.
La sindaca di Washington Muriel Bowser ha esteso l’emergenza pubblica e il coprifuoco fino al 21 gennaio, mentre il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo invierà 1.000 membri della Guardia Nazionale per garantire una transizione pacifica.
Dimissioni a raffica
“E’ la fine del più grande mandato presidenziale della storia, ma é solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande” ha commentato Donald Trump in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca. “Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che solo i voti legali contino”, ha aggiunto.
Ma intanto sono già iniziate le dimissioni dei vari membri del suo staff, a partire da quelle del suo consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’ Brien, dopo quelle già presentate dal suo vice Matt Pottinger e da Stephanie Grisham, portavoce e chief of staff della first lady Melania. E gira l’ipotesi di rimuoverlo con l’impeachment o, più facilmente e velocemente, invocando il 25/o emendamento.
Trump, sempre più isolato, é stato temporaneamente bloccato da Twitter, Facebook, Youtube e Instagram per le sue minacce e le sue accuse sul voto. A censurarlo anche un coro di ex presidenti: Barack Obama, Bill Clinton, Jimmy Carter e George W. Bush, che ha evocato la “Repubblica delle banane”.