Francesco ribadisce la necessità di riscrivere la “grammatica” del farsi carico e del prendersi cura della persona sofferente, in occasione dell'udienza ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, ringraziati dal Pontefice per la “promozione e tutela dell’integrità della dottrina cattolica sulla fede e la morale“.
Fondamento
“La dottrina cristiana non è un sistema rigido e chiuso in sé, ma nemmeno un’ideologia che muta con il passare delle stagioni- sostiene il Pontefice-.E' una realtà dinamica che, rimanendo fedele al suo fondamento, si rinnova di generazione in generazione e si compendia in un volto, in un corpo e in un nome: Gesù Cristo Risorto. Grazie al Signore Risorto, la fede ci spalanca al prossimo e ai suoi bisogni, da quelli più piccoli fino ai più grandi”. Perciò, sottolinea Jorge Mario Bergoglio, “la trasmissione della fede esige che si tenga conto del suo destinatario, che lo si conosca e lo si ami fattivamente: in tale prospettiva, è significativo il vostro impegno per riflettere, nel corso di questa plenaria, sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita“. Il contesto socio-culturale attuale “sta progressivamente erodendo la consapevolezza riguardo a ciò che rende preziosa la vita umana“. Essa, infatti, “sempre più spesso viene valutata in ragione della sua efficienza e utilità, al punto da considerare “vite scartate” o “vite indegne” quelle che non rispondono a tale criterio”.
Fraternità umana
“In questa situazione di perdita degli autentici valori, vengono meno anche i doveri inderogabili della solidarietà e della fraternità umana e cristiana– afferma il Pontefice-. In realtà, una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura dello scarto; se riconosce il valore intangibile della vita umana; se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza“. Aggiunge Francesco: “Quando la malattia bussa alla porta della nostra vita, affiora sempre più in noi il bisogno di avere accanto qualcuno che ci guardi negli occhi, che ci tenga la mano, che manifesti la sua tenerezza e si prenda cura di noi, come il Buon Samaritano della parabola evangelica“. Il tema della cura dei malati, nelle fasi critiche e terminali della vita, chiama in causa, secondo Jorge Mario Bergoglio, il compito della Chiesa di riscrivere la “grammatica” del farsi carico e del prendersi cura della persona sofferente. L’esempio del Buon Samaritano insegna che è “necessario convertire lo sguardo del cuore, perché molte volte chi guarda non vede”. Perché, evidenzia il Papa, manca la compassione. “Senza la compassione, chi guarda non rimane implicato in ciò che osserva e passa oltre; invece chi ha il cuore compassionevole viene toccato e coinvolto, si ferma e se ne prende cura- sostiene il Pontefice-.. Attorno al malato occorre creare una vera e propria piattaforma umana di relazioni che, mentre favoriscono la cura medica, aprano alla speranza, specialmente in quelle situazioni-limite in cui il male fisico si accompagna allo sconforto emotivo e all’angoscia spirituale“.
Fiaccola nell'ora buia
“L’approccio relazionale, e non meramente clinico, con il malato, considerato nella unicità e integralità della sua persona, impone il dovere di non abbandonare mai nessuno in presenza di mali inguaribili- specifica Francesco-. La vita umana, a motivo della sua destinazione eterna, conserva tutto il suo valore e tutta la sua dignità in qualsiasi condizione, anche di precarietà e fragilità, e come tale è sempre degna della massima considerazione”. Santa Teresa di Calcutta, che “ha vissuto lo stile della prossimità e della condivisione, preservando, fino alla fine, il riconoscimento e il rispetto della dignità umana, e rendendo più umano il morire”, diceva così: “Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano”. A tale riguardo, il Papa pensa a “quanto bene fanno gli hospice per le cure palliative, dove i malati terminali vengono accompagnati con un qualificato sostegno medico, psicologico e spirituale, perché possano vivere con dignità, confortati dalla vicinanza delle persone care, la fase finale della loro vita terrena”. Il Pontifice auspica che “tali centri continuino ad essere luoghi nei quali si pratichi con impegno la “terapia della dignità”, alimentando così l’amore e il rispetto per la vita”.
Tutelare i sacramenti
Francesco apprezza “lo studio da voi intrapreso circa la revisione delle norme sui delicta graviora riservati al vostro dicastero, contenute nel Motu proprio “Sacramentorum sanctitatis tutela” di san Giovanni Paolo II”. E prosegue: “Il vostro impegno si colloca nella giusta direzione di aggiornare la normativa in vista di una maggiore efficacia delle procedure, per renderla più ordinata e organica, alla luce delle nuove situazioni e problematiche dell’attuale contesto socio-culturale”. Nel contempo, “vi esorto a proseguire con fermezza in questo compito, per offrire un valido contributo in un ambito in cui la Chiesa è direttamente coinvolta a procedere con rigore e trasparenza nel tutelare la santità dei Sacramenti e la dignità umana violata, specialmente dei piccoli”. Il Papa si congratula per “la recente pubblicazione del documento elaborato dalla Pontificia Commissione Biblica circa i temi fondamentali dell’antropologia biblica“. Con esso “si approfondisce una visione globale del progetto divino, iniziato con la creazione e che trova il suo compimento in Cristo, l’Uomo nuovo, il quale costituisce la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana”.