Oggi, nel 42/esimo giorno di guerra, preannunciato nella notte da allarmi aerei a Zaporizhzhia e nella lontana Leopoli, la comunità internazionale si appresta a un’ulteriore stretta su Mosca: nuove sanzioni sono in programma da parte degli Stati Uniti contro altre banche e imprese statali.
Ma il centro del mondo oggi è a Bruxelles, dove gli ambasciatori dell’Unione europea vareranno un quinto pacchetto di sanzioni che bandiranno il carbone russo e impediranno alle navi di approdare nei porti europei e ai tir di entrare. E potrebbero addirittura colpire – anticipa il Wall Street Journal – le figlie di Vladimir Putin. “Abbiamo qualche settimana di tempo per rifornire gli ucraini e aiutarli a respingere l’attacco: ora dobbiamo decidere cosa possiamo fare di più”, ha detto ieri il segretario generale Jens Stoltenberg, presentando la riunione di oggi nella capitale belga dei ministri degli Esteri della Nato, allargata ad alcuni Paesi alleati dell’Asia- Pacifico (Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud).
Crimini di guerra
La ritirata russa da alcune parti dell’Ucraina “è come il riflusso di un’onda, che lascia scoperte la morte e la distruzione che si sono lasciati alle spalle”: la frase, espressa dal segretario di Stato Usa, Antony Blinken, al suo arrivo nella notte a Bruxelles per la riunione della Nato, esprime l’orrore che l’Ucraina sta condividendo con il mondo per le stragi di civili che i militari di Mosca sembra si siano lasciati dietro.
La procuratrice generale ucraina, Irina Venediktova, ha fatto sapere, dopo una visita serale a Bucha, che si stanno già indagando non meno di 5.000 casi di presunti crimini di guerra commessi dai militari di Mosca. I crimini di guerra, ha aggiunto il magistrato, sono i primi che si indagano, “seguiti dai crimini contro l’umanità e dal genocidio”. Blinken ha detto di “temere, purtroppo, che ne vedremo ancora (di orrori) man mano che i russi si ritirano, annunciando che gli Stati Uniti hanno stanziato altri 100 milioni di dollari di aiuti militari supplementari a Kiev, per “venire incontro all’urgente bisogno dell’Ucraina di sistemi anti-corazzati”, cioè di missili guidati Javelin che i militari Ucraini hanno impiegato finora con successo contro i carri armati russi. Lo shock delle prime immagini dei morti abbandonati lungo le strade di Bucha, che si è poi appreso essere stati lasciati lì da giorni o settimane, come provano immagini scattate quasi un mese fa da satelliti Usa, si è poi allargata con l’annuncio di nuovi orrori emersi a Irpin e Borodyanka.
Le agghiaccianti immagini di cadaveri carbonizzati o abbandonati alla decomposizione, stritolati dai carri armati o gettati in bidoni e tombini come spazzatura, mostrati nel video che ha accompagnato il j‘accuse del presidente ucraino Volodymyr Zelensky all’indirizzo del Consiglio di sicurezza dell’Onu, hanno fatto il resto. Ma il mosaico degli orrori si arricchisce via via di nuovi tessere. Come il sindaco di Bucha, Anatoly Fedoruk, che ha detto di stimare che i russi abbiano ucciso nella sua città almeno 320 persone, dicendo di aver assistito di persona ad alcune esecuzioni. Come quella di una donna incinta che cercava con altre persone di fuggire verso Kiev in auto, uccisa dai soldati russi.
Scoperta una nuova fossa comune a Bucha
O come – riporta Ansa – il filmato ripreso da un drone ucraino a fine febbraio e diffuso nelle ultime ore che mostra un ciclista che percorre solitario la strada, che successivamente sarà ripresa piena di cadaveri, e viene abbattuto dai colpi sparati appena svolta a un incrocio da un’autoblindo russo appostato sulla traversa. Il suo cadavere appare nella stessa posizione un mese dopo, accanto alla bicicletta.
O la denuncia di soldatesse prigioniere di guerra dei russi, poi liberate, che hanno detto di essere state umiliate, intimidite e costrette a denudarsi. Inoltre, quella che sembra una nuova fossa comune sarebbe stata scoperta a Bucha, la città dove i russi hanno lasciato dietro di sé molti civili uccisi. Lo scrive il Guardian, che mostra una foto dall’alto della fossa con alcune persone intorno, nei pressi di una chiesa.