Ancora ombre sull’app Immuni. Seppure
l’atteso sforzo di trasparenza sia arrivato, con la pubblicazione del
codice sorgente e dei contratti che legano la società
Beding Spoons al governo, la dichiarazione di Google secondo cui basta che
il 10% dei cittadini scarichi l’app perché il sistema di “
contact tracing” sia efficace, riaccende
il sospetto degli esperti. “Abbiamo superato i
due milioni di download. I dati li aggiorniamo ogni 24 ore. L’applicazione sta andando abbastanza bene. Ci auguriamo che venga conosciuta da tutti i cittadini”, afferma il
ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, aggiungendo che “l’app è attiva in 4 regioni. Dal 15 giugno entreranno le altre regioni
in modo graduale“.
Dubbi
“
Potrebbe esserci qualcosa che non ci dicono”, evidenzia a
Dire il presidente di Anorc Professioni,
l’avvocato Andrea Lisi, che fin dall’inizio è stato tra i più scettici sulla soluzione scelta dall’esecutivo. “Perché – spiega il legale che da 15 anni si occupa di
diritto applicato all’informatica– secondo molti esperti e uno studio scientifico specifico sulle app di tracing serve che almeno
il 60% dei cittadini utilizzi l’app perché questa sia realmente
in grado di raggiungere i suoi obiettivi. A questo punto vale la pena domandarsi se c’è qualcosa che Apple e Google
possono mettere in atto entrando nel sistema e che non ci raccontano. Perché
non è chiaro quale siano le garanzie date da queste due grandi
società straniere al nostro governo. Ci sono protocolli di intesa su cui di poggia l’app Immuni nel momento in cui
si interfaccia con le Api (cioè con le interfaccia di
programmazione delle applicazioni) messe a disposizione da
Apple e Google? Dietro a questa operazione
potrebbe non esserci solo la gestione (che si sta rivelando piuttosto complessa) della pandemia”. Dunque, prosegue Lisi, “ci potrebbe venire il sospetto che
Immuni più che un app utile per contenere la pandemia,
serva ad altro: oggi esistono
software predittivi, algoritmi che in base a dati anche
pseudonimizzati riescono a studiare i comportamenti dei cittadini non solo in una
situazione pandemica“.
Trasparenza
Tutto questo, evidenzia il presidente di Anorc Professioni, “si può riassumere nel termine ‘profilazione di massa‘, una pratica che cadrebbe nei divieti previsti dal Gdpr (Regolamento generale sulla protezione dei dati) perché possibile solo con esplicito e informato consenso dell’utente titolare dei dati o in caso di esplicita autorizzazione conferita ex lege. Non è un caso che il Garante per la protezione dei dati personali nelle 12 indicazioni con le quali ha accompagnato il via libera a Immuni, sembra chiedere proprio a Google e Apple maggiore chiarezza sul trattamento dei dati e ulteriore trasparenza informativa“. Secondo Lisi questa è l’ennesima vicenda oscura in quella che finora è stata “una corsa ad ostacoli, per rattoppare il rattoppabile: a prescindere dai numeri controversi, dalle tante polemiche che si sono accavallate nel tempo sulla sicurezza informatica della soluzione, dai dubbi sulla trasparenza nella selezione e nella stessa procedura negoziale seguita”.