La polizia ha fatto largo uso di gas lacrimogeni per disperdere nella serata di ieri un gruppo di manifestanti radunati ad Agareb, scesi in strada per protestare contro la decisione del ministero dell’Ambiente di riaprire la discarica di rifiuti di El Gonna, “al fine di ridurre i rischi sanitari, ambientali ed economici nel governatorato di Sfax”.
Indignati per la decisione presa dal ministero dell’Ambiente ed esasperati dalla drammatica situazione ambientale della città, i residenti hanno espresso la loro rabbia scendendo in strada e scontrandosi con le forze dell’ordine, schierate in assetto antisommossa.
La chiusura della discarica di Agareb
E’ dalla chiusura della discarica di Agareb, che deriva la crisi dei rifiuti della vicina città di Sfax, che da 40 giorni conosce una grave crisi ambientale per il fatto che la spazzatura non viene raccolta da settimane. Proprio nella vicina cittadina di Agareb, che ospitava la principale discarica della zona – fonte di inquinamento anche per la città – la pressione dei residenti aveva fatto sì che questa discarica non accettasse più i rifiuti di Sfax.
Già un provvedimento del Tribunale mise fine alle attività della discarica nel 2019. Il ministero dell’Ambiente ha precisato che la riapertura del centro di riciclaggio di Agareb sarà accompagnata da alcune misure e in particolare dall’avvio immediato dei lavori di risanamento del sito, estrazione e trattamento dei gas con il raddoppio della frequenza di trattamento contro gli insetti e i cattivi odori. Ma queste ragioni non hanno convinto evidentemente gli abitanti della cittadina.
Il precedente
Già il 21 ottobre scorso la ministra dell’Ambiente, Leila Chikhaoui, in visita a Sfax, ha proposto ai Comuni del distretto urbano di Sfax la creazione di altri spazi destinati alla raccolta e al trattamento dei rifiuti, lontano dalle abitazioni, per stoccarli almeno momentaneamente, ma questa soluzione temporanea è stata respinta dai residenti.
La situazione è talmente grave che il presidente della Repubblica, Kaïs Saïed, ha incaricato ieri il ministro dell’Interno di intervenire a Sfax per porre fine al disastro. In seguito ai violenti scontri tra manifestanti e polizia di ieri sera sui social è circolata la voce della la morte di un giovane attivista colpito da un candelotto lacrimogeno, notizia smentita nella notte dal ministero dell’Interno della capitale in una nota nella quale ha negato la morte del giovane per le ferite riportate durante “gli eventi”.
Secondo la versione del ministero, il giovane sarebbe invece morto dopo un “improvviso malessere nella sua abitazione che si trova a 6 km dal luogo delle manifestazioni” e sarebbe stato trasportato “da un suo parente all’ospedale dove è morto”. La crisi da ambientale rischia di divenire politica per il presidente Saied che aveva promesso sviluppo per i giovani di queste zone.
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Crisi rifiuti a Sfax: la procura apre un’inchiesta
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sfax ha aperto un’indagine sui motivi e le circostanze dell’accumulo di rifiuti domestici in città da oltre un mese. Lo ha detto il portavoce dei tribunali di Sfax, Mourad Triki.
L’inchiesta segue le proteste per il problema dei rifiuti che si accumulano da settimane per le strade della seconda città del Paese, senza che le autorità riescano a trovare una soluzione, e che ha portato al deterioramento della situazione ambientale in tutta la regione. Di fronte a questa situazione, un collettivo di organizzazioni ambientaliste aveva sporto denuncia, il 4 novembre scorso, contro l’Agenzia nazionale per la gestione dei rifiuti (Anged), il ministero dell’Ambiente, oltre al consiglio comunale di Sfax e dei sette distretti della città.
Le difficoltà legate allo smaltimento dei rifiuti sono ricorrenti in Tunisia, dove la maggior parte delle 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti raccolte ogni anno viene smaltita nelle discariche, senza essere trattata o incenerita, e solo una piccola quantità viene riciclata.