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Una riflessione sulla tratta di minori nel web

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L’attuale pandemia da Covid-19, e le conseguenti ripercussioni nell’aumento della povertà e della precarietà della fragile umanità e le restrizioni imposte in molti Paesi, ha permesso ai criminali di trasformare ulteriormente la tratta di esseri umani in un business in continua crescita su Internet” riducendo al contempo per le vittime (spesso troppo piccole di età) di fuggire e di chiedere aiuto.

Internet è una delle strade principale dove oggi si adescano i bambini, si reclutano: sia per la prostituzione che per il traffico di organi o per il lavoro forzato. Il sorprendente silenzio sulle vicende della tratta (e non meraviglia più di tanto), il silenzio connivente e particolarmente odioso è dovuto o alla sottovalutazione o all’ignoranza del fenomeno.

Le nuove tecnologie sono degli alleati per la tratta delle persone che «è un’attività ignobile per le nostre civiltà che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio». Si esprimeva così Papa Francesco, era il 24 maggio 2013, e non era la prima volta e non sarebbe stata l’ultima sulla condanna a questo abominio delle nostre società moderne, democratiche e civilizzate.

L’epidemia ha peggiorato le cose. Il lockdown ha aumentato esponenzialmente gli abusi e lo sfruttamento sessuale dei minori online e in questo tempo molte Ong stanno facendo del loro meglio per prevenire lo sfruttamento dei bambini attraverso lo sviluppo dell’alfabetizzazione digitale delle competenze in materia di sicurezza online.

La tratta di esseri umani sta prosperando su Internet e solo una efficace collaborazione tra gli Stati in collaborazione con la società civile e il settore privato può arginare uno dei fenomeni (tra gli altri) dove la criminalità e la cybercriminalità si è organizzata nei suoi più alti gangli di ramificazione in tutto il mondo e d anche nel web conosciuto, nel deep o dark web.

Un dramma ‘conosciuto’ e che con fatica si riesce ad affrontarlo alla radice per sradicarlo con efficacia e determinazione. Troppi esseri umani ‘trafficati’ e la merce è molto più curata e conservata. La criminalità trae lauti profitti attraverso il sistema della filiera che vengono offerti sulla strada o su Internet. E’ lecito supporre o avanzare una domanda: con quale complicità palese o nascosta di chi gestisce i servizi ‘su strada’ o ‘online’?

La criminalità vive di tratta, e il web la favorisce. Il cyber crime è un fenomeno complesso e i reati informatici traggono vantaggio dalle possibilità offerte da Internet e include molteplici reati: dalle reti di pedofilia che alimentano il traffico di bambini per scopi di sfruttamento sessuale. Non solo di bambini ed è ‘il fenomeno’ che nel suo contesto intrinseco risulta e costituisce un problema prioritario in Europa e a livello globale.

I numeri sono impietosi, ma anche solo un essere umano trafficato, un bambino ‘reclutato’ per scopi di sfruttamento sessuale o vendita di organi o nelle adozioni clandestine, è grave. Se prima non si considerava la componente Internet nel traffico degli essere umani, gli analisti del fenomeno ritengono che la definizione di tratta si applica anche quando la tratta viene praticata con l’uso delle nuove tecnologie. Alla criminalità organizzata con le loro attività redditizie, quali il traffico di armi, di stupefacenti e di esseri umani, compresi i bambini non possiamo pensare di confermare che esiste, perché esiste.

Una urgente questione che ha da più parti confermato che la tratta di bambini è frequentemente collegata alla vendita e prostituzione di bambini, e alla pornografia rappresentante i bambini (centinaia di migliaia di foto e video pedopornografici, basti consultare i Report Meter annuali) sono l’evidenza di una vergogna planetaria.

“Dobbiamo portare soccorso ad esseri umani nella disgrazia, distanti e sconosciuti, educhiamo noi stessi ai grandi sentimenti di solidarietà, di umanità, di unità, che devono guidare il mondo alla sua nuova ed universale civiltà. Così ci sentiamo cittadini del mondo; così diventiamo fratelli di tutti gli abitanti della terra, , così apriamo le vie d’una giustizia fondata, da un lato, sui bisogni dei nostri simili, qualunque sia la loro collocazione geografica e la loro condizione culturale (…) Non è vera civiltà questa? Non è vero cristianesimo?”.

Sono le parole di Paolo VI, all’Angelus del 10 ottobre 1071, sembrano il profetico richiamo dell’impegno di Papa Francesco e della Chiesa, da sempre, oggi anche nel web.

Comprendere e agire. Le alleanze ci sono. Una rete di uomini e donne di buona volontà, con particolare attenzione delle “religiose e religiosi”, (Talitha Kum) e sacerdoti e laici impegnati nelle diocesi dove il problema è molto sentito e presente, offre una via di salvezza, una storia di libertà. Il nostro impegno deve continuare.

don Fortunato Di Noto: