Sos latte, non resta che la lupa di Romolo e Remo

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L’epidemia di Covid-19 ha mostrato quanto sia importante avere un piano nazionale di preparazione e risposta per meglio proteggere i cittadini dalla malattia. Questo vale anche per la protezione dell’allattamento, un fattore che aumenta di importanza in caso di epidemia perché conferisce ai bambini una maggior resistenza alle infezioni. La paura del contagio da Covid-19 ha fatto aumentare la separazione tra mamme e bambini dopo la nascita, con una probabile diminuzione dei tassi di allattamento. L’aumentata aggressività del marketing di formula artificiale ha fatto il resto.

Piano di protezione

Come rivela un rapporto appena pubblicato, che compara i punteggi di 15 indicatori tra 18 paesi europei che hanno valutato la propria situazione in base ai criteri della WBTi, l’esistenza di un piano di protezione, promozione e sostegno dell’allattamento in situazioni di emergenza ha ottenuto il punteggio più basso. La WBTi è un’iniziativa sviluppata da IBFAN nel 2004 e applicata finora, usando uno strumento standardizzato, in oltre 90 paesi. In Europa è stata introdotta solo nel 2015. I 18 paesi europei, coordinati dalla professoressa Irena Zakarija-Grkovic dell’Università di Spalato, Croazia, hanno prodotto il rapporto con il contributo di gruppi multidisciplinari, coordinati nel nostro paese da IBFAN Italia, e con il sostegno finanziario del ministero della Salute croato e di Unicef Croazia. Il rapporto, dal titolo “Are our babies off to a healthy start?” (I nostri bambini godono di un inizio sano della vita?), analizza la messa in pratica della strategia globale dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’alimentazione dei lattanti e dei bambini e mostra come la mancanza di sostegno sia un problema comune, con conseguenze negative per l’allattamento e la salute di madri e bambini. Ci sono però differenze tra paesi. La Turchia è il paese con il punteggio più alto, seguito dalla Croazia. I 5 paesi con il punteggio più basso fanno tutti parte dell’Unione Europea. L’Italia ha ottenuto un punteggio medio: 73 punti su 150, di cui 52 su 100 per i 10 indicatori su politiche e programmi e 21 su 50 per i 5 sulle pratiche.

Emergenze

I 10 indicatori su politiche e programmi includono pianificazione e coordinamento nazionali, politiche ospedaliere e territoriali, controllo del marketing dei sostituti del latte materno, formazione degli operatori sanitari, preparazione e risposta alle emergenze, e monitoraggio. I 5 indicatori sulle pratiche riguardano i tassi di inizio e durata dell’allattamento, l’allattamento esclusivo nei primi 6 mesi di vita, l’uso del biberon e l’introduzione di alimenti complementari.  L’indicatore con il punteggio più basso è quello sulla preparazione e risposta in caso di emergenze (per il quale l’Italia ha ottenuto 1/10 e solo la Macedonia del Nord ha ottenuto un buon punteggio) seguito da quello su politiche e piani nazionali, per il quale il nostro paese ha ottenuto 2/10. Per quanto riguarda le pratiche, il rapporto mostra che molte madri sospendono o riducono l’allattamento dopo le prime settimane, ricorrendo all’alimentazione artificiale, a causa di un insufficiente sostegno da parte del sistema sanitario e della società. Il rapporto identifica strategie e interventi necessari a migliorare, usando per ogni indicatore le buone pratiche dei paesi che hanno ottenuto i punteggi più alti. Se governi, ospedali, servizi territoriali, università, centri di formazione, dipartimenti di sanità pubblica e altri, compresi produttori e distributori di sostituti del latte materno, metteranno in pratica le raccomandazioni del rapporto, più madri inizieranno e continueranno ad allattare, con il conseguente miglioramento per il proprio stato di salute e quello dei loro figli. Perché le raccomandazioni del rapporto siano messe in pratica, tuttavia, è necessario che i governi investano sufficienti risorse finanziarie.

Paola Anderlucci: