Aperti oggi 26 maggio in tutta la Siria i seggi elettorali per elezioni presidenziali. Il risultato è scontato: quasi certamente consegneranno al presidente Bashar al-Assad un quarto mandato: il 55enne, in carica dal 2000, è sostenuto da Russia e Iran.
La televisione di stato ha mostrato lunghe code che si stanno formando in diverse parti del Paese dove sono dislocati circa 12.000 seggi. I risultati dovrebbero essere annunciati entro venerdì sera, a 48 ore dalla chiusura.
Gli sfidanti – i soli autorizzati dal regime – sono sono l’ex ministro Abdallah Salloum Abdallah e Mahmoud Merhi, un membro della cosiddetta “opposizione tollerata”, che i leader dell’opposizione in esilio hanno spesso bollato come un’estensione del regime. Stati Uniti e Unione Europea hanno già liquidato le elezioni come una farsa.
Una situazione critica
“La situazione nel Paese rimane critica – scrive per In Terris Sara Zanotta -. Sebbene Assad abbia riconquistato circa il 70% del territorio, a nord-est prevalgono le milizie curde, vicine agli Stati Uniti, mentre a nord-ovest, gruppi di ribelli di ispirazione islamista, legati alla Turchia. Sono inoltre presenti contingenti di militari russi, statunitensi, turchi, iraniani e francesi, mentre non è stata affatto eradicata la minaccia del sedicente Stato Islamico“.
“Sullo sfondo – prosegue Zanotti – dilaga una catastrofe umanitaria: 13,5 milioni di persone in Siria necessitano di assistenza umanitaria, circa il 90% della popolazione vive al di sotto della soglia della povertà e 1,27 milioni di persone soffrono di severa insicurezza alimentare (50% in più del 2020). Con 6,6 milioni di sfollati interni e 5,6 milioni di rifugiati sparsi nella regione, rimane ben poco della Siria di un decennio fa, a parte la famiglia Assad”.