Ancora un brutto caso di sfruttamento di migranti. Tre persone sono state arrestate dai carabinieri di Verona per caporalato nei confronti di una ventina di richiedenti asilo del Nordafrica che venivano pagati meno di 5 ore all'ora, somma spesso decurtata per vari motivi. Gli arrestati sono i due titolari di un'agenzia di servizi e un reclutatore che cercava la manodopera nei vari centri di accoglienza scaligeri. A usufruire del lavoro malretribuito dei migranti sono state cinque aziende agricole veronesi. Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata all'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e al favoreggiamento della permanenza illecita nel territorio nazionale di cittadini extracomunitari. I carabinieri hanno accertato, tra l'altro, come i lavoratori, già costretti a turni massacranti, senza alcuna forma previdenziale e retribuiti con compensi irrisori, fossero anche sottoposti a minacce sia di violenza fisica che di perdita del lavoro e della decurtazione della paga.
La Cisl contro il caporalato
Una moderna forma di schiavitù giustamente condannata da tante associazioni di lavoratori. Nella lotta al caporalato figura anche la Cisl, che spinge a un rinnovamento non solo sociale, ma anche culturale. InTerris.it ne ha parlato ieri con Annamaria Furlan, Segretaria Generale Cisl. “Sono anni che il sindacato, la Cisl in particolare, denuncia la condizione scandalosa ed inaccettabile di sfruttamento e di degrado in cui sono costretti a vivere migliaia di lavoratori immigrati”. ha esordito la Segretaria Generale Cisl. “Abbiamo fatto decine di manifestazioni, scioperi, iniziative pubbliche di denuncia e di sensibilizzazione sul tema questi anni, in tutte le regioni del Sud. Ci siamo battuti con grande determinazione per ottenere una legge severa contro il capolarato“. Ma “tutto questo non basta. Ci sono almeno 300 mila lavoratori potenziali vittime di capolarato in Italia, centomila dei quali vivono in condizioni disumane, in baracche senza acqua, servizi igienici, con una paga di 20 euro per una giornata intera di lavoro a raccogliere arance e pomodori. C'è un sistema di illegalità diffusa, di emarginazione sociale, di mancato rispetto delle leggi e dei contratti nel silenzio delle istituzioni locali, dell'apparato produttivo e financo delle multinazionali dell'industria agroalimentare che fingono di non vedere“, denuncia Furlan.