La Dia di Trapani, guidata dal colonnello Rocco Lopane, ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni per un valore di 6 milioni di euro nei confronti dell’imprenditore di Castelvetrano Nicolò Clemente, imprenditore trapanese ritenuto vicino al superlatitante, Matteo Messina Denaro. Il sequestro è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale, su proposta del direttore della Dia. Il Tribunale di Trapani ha disposto il sequestro dell’intero compendio aziendale delle società Clemente costruzioni srl, Calcestruzzi Castelvetrano srl, Selinos srl. Sigilli anche a numerosi terreni e fabbricati, nonché depositi bancari.
Messina Denaro
Tuttora sotto processo a Marsala con l’accusa di partecipazione ad associazione mafiosa, per l’imprenditore è stata proposta la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno, poiché accusato di appartenere a Cosa nostra. Dalle indagini è emerso come Clemente sia pienamente inserito nel contesto mafioso-imprenditoriale castelvetranese “forte del suo rapporto diretto e privilegiato con Matteo Messina Denaro – scrivono gli inquirenti – abbia nel tempo sistematicamente partecipato, attraverso le proprie aziende, alla spartizione delle commesse nel settore delle costruzioni edili e del calcestruzzo, che avveniva all’interno di un circuito mafioso imprenditoriale del quale facevano parte, oltre a lui, gli imprenditori Giovanni Filardo, Giovanni Risalvato e Lorenzo Cimarosa”. Nelle intercettazioni diceva di controllare il territorio “come quannu lu attu va pisciannu dunni va camminannu”, come fa il gatto che urina quando va camminando. Il fratello Giuseppe, associato di primissimo rango e facente parte della cerchia più ristretta e fidata degli amici del latitante Matteo Messina Denaro, è stato condannato per il reato di associazione mafiosa e per alcuni omicidi, commessi proprio con il latitante. Dopo la condanna all’ergastolo, nel 2008, Giuseppe, afflitto da crisi depressive, si è suicidato in carcere nel giorno del compleanno dell’amico Denaro.