Sono ricominciate stamattina all’alba le ricerche nel Reggiano di Saman Abbas, la 18enne d’origine pachistana – la quale aveva denunciato i genitori opponendosi a un matrimonio combinato – scomparsa da un mese.
Saman in Belgio?
Nonostante le rassicurazioni date nei giorni scorso dal padre della ragazza, secondo cui Saman starebbe bene e al sicuro in Belgio, gli inquirenti non credono a questa versione. Secondo quanto rilevato dalle prime indagini, Saman non avrebbe mai lasciato l’Italia. Infatti, quando i familiari hanno abbandonato l’Italia per fare ritorno in Pakistan, a nome della ragazza non risultava alcun biglietto aereo. “Tornerò in Italia presto e spiegherò tutto” aveva dichiarato il genitore raggiunto al telefono dal quotidiano Il Resto del Carlino.
Oggi – rendono noto i carabinieri – il comandante della compagnia di Guastalla Luigi Regni coordinerà una ventina di militari per setacciare campi e canali concentrandosi nell’area alle spalle dell’azienda agricola di Novellara, in provincia di Reggio Emilia, nella cui cascina il padre Shabbar lavora come custode e bracciante nonché vive con la famiglia.
Omicidio e occultamento di cadavere
Proprio le telecamere nei pressi dell’abitazione avevano immortalato, la sera del 29 aprile scorso, tre uomini che con due pale, un secchio contenente un sacchetto azzurro e un piede di porco, si allontanavano nei terreni per poi fare ritorno due ore dopo. Immagini per le quali gli inquirenti temono che Saman sia stata uccisa e il suo cadavere occultato.
La Procura indaga infatti per omicidio: al momento sono indagati i genitori di Saman – partiti per il Pakistan i primi di maggio senza dare alcun preavviso – ma anche uno zio e due cugini.
Questi ultimi sarebbero i tre uomini ripresi dal video. Uno dei cugini è stato fermato ieri a Nimes, in Francia, con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere mentre stava tentando di raggiungere, senza documenti, alcuni parenti in Spagna. Si attende che la Procura avvii la cooperazione di giustizia attraverso gli accordi “Eurojust” per interrogare il giovane fermato senza attendere l’estradizione. Lo scopo è guadagnare tempo utile per una possibile svolta delle indagini.