La Congregazione vaticana per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha ufficialmente riconosciuto San Leopoldo Mandic come patrono dei malati d'Italia colpiti da tumore. Ad annunciarlo è il vescovo di Padova, monsignor Claudio Cipolla, che nel luglio 2016 aveva fatto avviare l'iter in seguito alla richiesta dei frati cappuccini e di un gruppo di medici padovani. La petizione lanciata per sostenere questo riconoscimento ha raccolto 69.758 firme in poco più di tre anni. San Leopoldo morì per un tumore all'esofago, ed era già invocato per la guarigione da molti fedeli; i devoti a San Leopoldo potranno utilizzare anche un piccolo opuscolo con tre preghiere (del malato, dei familiari e per gli operatori sanitari) formulate per questa occasione. La diocesi di Padova ricorderà questo riconoscimento domani, Giornata mondiale del malato, e martedì 12 maggio, festa di San Leopoldo: “Questo riconoscimento – ha detto monsignor Cipolla – è un'occasione bella e significativa per farsi prossimi a tutti i bisogni di attenzione e vicinanza di chi vive la malattia, specie in campo oncologico”.
Iter complesso
Dunque san Leopoldo Mandić, il frate cappuccino, confessore, testimone della riconciliazione e promotore dell’ecumenismo, già dai fedeli invocato per chiedere sostegno nella malattia, morto a causa di un tumore all’esofago, ora è ufficialmente patrono dei malati di tumori in Italia. A dare l'annuncio con il vescovo l’ex generale dell’ordine dei cappuccini, fra Mauro Jöhri e fra Flaviano Gusella, rettore del santuario padovano che ne conserva le spoglie. Un iter complesso, che ha richiesto costante attenzione da parte dei cappuccini, sollecitati dalla forza della devozione popolare e che ha portato la Congregazione ad accogliere la “supplica” che da tanti fedeli arrivava, sostenuta dal placet del vescovo di Padova prima, dei vescovi del Triveneto e dei vescovi italiani successivamente (fu il cardinale Gualtiero Bassetti a darne conferma nel comunicato finale della 72° assemblea generale del 2018), riferisce Avvenire. A sottolineare il valore della solidarietà e della vicinanza, quella vicinanza umana alla sofferenza che è propria della Chiesa è don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio nazionale di Pastorale della Salute: “Quando arriva la diagnosi di tumore la vita della persona e dei suoi familiari è sconvolta. È lì che c’è bisogno di una dimensione che va oltre la scienza, è quella della relazione. La persona malata vive un momento estremamente difficile, di particolare solitudine e la Chiesa nel momento della vulnerabilità si fa vicina ai malati. Non basta la terapia, c’è bisogno anche di vicinanza, di un sostegno relazionale. Ci piace immaginare che come la Chiesa si fa prossima al malato, così i malati possano trovare in padre Leopoldo una figura accanto“.
Sentirsi sostenuto
“Avere un patrono presso Dio- evidenzia il vescovo Cipolla- significa che l’uomo nella sua fragilità ha comunque una grande possibilità di sentirsi sostenuto, anche da un intervento che viene da Dio, significa aprire una finestra di speranza là dove noi e le nostre forze non possono arrivare. Dove noi dobbiamo constatare il nostro limite, per Dio c’è ancora possibilità e questa è un’esperienza che arricchisce la nostra umanità”. Vicinanza, puntualizza Avvenire, è la parola delicata e immensa che rappresenta questa possibilità di ricorrere a san Leopoldo. Affidarsi al santo confessore è in qualche modo cogliere la vicinanza di Dio all’uomo in quello spazio di mistero e sapere che c’è “qualcuno” a cui affidare pensieri, paure e dolore: “è un segno che la santità parla ancora all’uomo”, precisa fra Mauro Jöhri. E' avere la percezione “della vicinanza di Dio a ciò che noi sperimentiamo”, aggiunge il ministro provinciale fra Roberto Tadiello, una vicinanza ai più fragili, come ha ricordato fra Flaviano Gusella, che sta alla base anche della nascita stessa dei Cappucini 500 anni fa.