Era attesissima la sentenza di primo grado del processo chiamato “Ambiente Svenduto” sul disastro ambientale causato dall’ex Ilva negli anni di gestione della famiglia Riva. Erano 47 gli imputati: 44 persone e tre società nel processo sull’attività del grande stabilimento siderurgico.
I pm avevano chiesto 35 condanne per circa quattro secoli di carcere, il non doversi procedere per prescrizione per altri nove imputati, e sanzioni pecuniarie e misure interdittive per le tre società Ilva, Riva Fire e Riva Forni elettrici, oltre alla confisca degli impianti. La lettura della sentenza è stata seguita da un lungo applauso.
Le condanne
La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. La pubblica accusa aveva chiesto 28 anni per Fabio Riva e 25 anni per Nicola Riva.
La Corte d’Assise ha condannato a 21 anni e 6 mesi di carcere l’ex responsabile delle relazione istituzionali Girolamo Archinà e a 21 anni l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso. E’ stata inoltre disposta la confisca degli impianti dell’area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012 e delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva Forni Elettrici. Condannato a 17 anni e sei mesi l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti.
La Corte ha condannato a 3 anni di reclusione l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, che risponde di una tentata concussione e di una concussione consumata, reati che avrebbe commesso in concorso con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (condannato a 3 anni) e l’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà (condannato a 21 anni e mezzo). I pm avevano chiesto 4 anni per Florido e Conserva, 28 anni per Archinà.
Condannato a 3 anni e mezzo ex governatore Vendola
Tre anni e mezzo di reclusione all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. I pm avevano chiesto la condanna a 5 anni. Vendola è accusato di concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato, per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva.
La Corte d’Assise di Taranto ha a sua volta condannato a 2 anni l’ex direttore generale Assennato, accusato di favoreggiamento nei confronti dell’ex presidente Vendola. Secondo l’accusa, Assennato avrebbe taciuto delle pressioni subite dall’ex governatore affinché attenuasse le relazioni dell’Arpa a seguito dei controlli ispettivi ambientali nello stabilimento siderurgico. Il pm aveva chiesto la condanna a un anno. Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione.
Bonelli (Verdi): “Giuria di tutte donne ha emesso dura sentenza”
“Una giuria di tutte donne oggi ha emesso una dura sentenza. Eppure, nessuna aula di tribunale potrà risarcire del dolore versato dalle famiglie tarantine. Un sistema politico, amministrativo ed economico ha svenduto la città di Taranto. La vicenda tarantina è il simbolo del fallimento della politica italiana che ha gridato allo scandalo perché era la magistratura a dettare la politica industriale, quando il vero scandalo non era solo lei che nulla ha fatto contro i veleni, ma il dramma tarantino stesso”. Così, in una nota, il coordinatore nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che oggi era presente alla pronuncia della sentenza del processo “Ambiente svenduto”.
“Alle istituzioni italiane, – aggiunge Bonelli riportato da Ansa – è mancata, e manca, una visione strategica del futuro dal punto di vista industriale, a differenza della Spagna, dell’America, della Germania, dove, a Bilbao, Pittsburgh e nel bacino della Ruhr, sono stati realizzati imponenti progetti di conversione industriale in chiave ecologica, rilanciando occupazione ed economia”.
“A Taranto, per decenni – conclude – si è inquinato senza che nessuna istituzione locale facesse qualcosa: hanno chiuso gli occhi e legato le mani per non firmare atti a tutela della salute. La magistratura, purtroppo, è dovuta intervenire per fare quello che la politica avrebbe dovuto fare”.