In occasione del 41° anniversario dell’attentato mafioso che uccise il giudice Rocco Chinnici, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha sottolineato l’importanza di tramandare alle nuove generazioni il suo esempio di integrità e coraggio. Il 29 luglio 1983, a Palermo, Chinnici fu ucciso insieme ai carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta e al portiere Stefano Li Sacchi da un’autobomba posizionata dalla mafia. Piantedosi ha ricordato come Chinnici, attraverso il suo straordinario lavoro investigativo, rappresenti un modello di dedizione alla giustizia e alla legalità che non deve essere dimenticato.
Piantedosi: “Rocco Chinnici non ha mai chinato il capo per affermare valori di legalità e giustizia”
“Ricordare la figura di Rocco Chinnici vuol dire soprattutto raccoglierne il prezioso testimone per consegnare alle nuove generazioni l’esempio di un Servitore dello Stato che non ha mai chinato il capo nella quotidiana battaglia per l’affermazione dei valori di legalità e giustizia”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in occasione del 41° anniversario dell’attentato mafioso nel quale il 29 luglio del 1983 a Palermo furono uccisi il giudice Rocco Chinnici, i carabinieri Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, insieme a Stefano Li Sacchi, portiere del palazzo di via Pipitone Federico all’esterno del quale fu collocata un’autobomba carica di esplosivo. “Il magistrato – ricorda il titolare del Viminale – pagò con la vita lo straordinario lavoro con il quale, grazie a eccezionali capacità investigative e all’impiego di innovativi metodi di indagine, aveva saputo imprimere una svolta decisiva nella lotta alla criminalità organizzata. Onorare la sua memoria e quella di tutte le vittime di mafia significa rendere un doveroso tributo al coraggio di chi non ha avuto esitazioni nel sacrificare quanto di più prezioso per combattere ogni forma di violenza e prevaricazione”.
Fonte: AgenSIR