Appena sei giorni di presidenza. Manuel Merino de Lama, presidente della Repubblica del Perù, si è dimesso “in modo irrevocabile” dopo le violenze che hanno attraversato il Paese nei giorni scorsi e che hanno portato alla morte di due giovani. Le parole del presidente dimissionario sono state riportate dall’agenzia di stampa Andina e ripercorrono i fatti che hanno imperversato in Perù nelle scorse ore. Un momento corrispondente a “una delle più grandi crisi politiche” vissute dal Paese. L’ennesima in America latina, dopo il difficile periodo di transizione vissuto lo scorso anno da alcuni Stati. “Invoco la pace e l’unità di tutti i peruviani. Il mio impegno è con il Perù, e farò il massimo dei miei sforzi per garantire la successione costituzionale che il Congresso deciderà”.
Perù, il passo indietro del presidente
Merino ha ricordato gli avvenimenti di Lima, andati in scena nelle scorse ore, che hanno minato la stabilità interna del Paese. “I drammatici fatti avvenuti nelle ultime ore aggravano la crisi che già stavamo attraversando e che ha portato alcuni giorni fa alla destituzione di Martin Vizcarra“. E tali eventi, ha spiegato l’ormai ex presidente, “devono essere indagati a fondo dalle autorità competenti per determinare ogni responsabilità”. Il passo indietro avviene in un momento in cui “tutto il Perù è in lutto. Nulla giustifica che una legittima difesa debba provocare la morte dei peruviani”. Ma l’ondata di escandescenza sociale è andata rapidamente fuori controllo, già dopo le dimissioni del presidente Vizcarra, che ha consegnato la leadership del Paese a Merino con l’appoggio di otto partiti su nove. Ma, soprattutto, con l’avallo di un articolo costituzionale interpretato in modo non del tutto chiaro, sufficiente a scatenare la subitanea crisi istituzionale. Dopo che la protesta delle piazze era già a livelli di guardia, specie dopo l’intervento in forze da parte della Polizia.
Verso le elezioni
Anche i ministri, come ha spiegato il presidente, hanno presentato le loro dimissioni. Resteranno comunque in carica il tempo necessario per “superare l’incertezza attuale” ed evitare “un vuoto di potere”. Il che, in sostanza, significa che la fase transitoria condurrà a nuove elezioni, poiché i cittadini “sono gli unici ad avere il potere di scegliere“. Non il Parlamento quindi, che alla fine ha ceduto come fatto nemmeno una settimana fa con Vizcarra.