Pena morte, Amnesty: “Esecuzioni al minimo da oltre 10 anni”

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Fra gli effetti della pandemia c’è anche una riduzione delle esecuzioni per condanne a morte. Sono state 483 nel 2020, secondo il report annuale di Amnesty International, il dato più basso registrato in oltre un decennio, in calo del 26% rispetto al 2019 e del 70% rispetto al picco di 1.634 casi registrato nel 2015.

Esecuzioni nei Paesi mediorientali

L’88% si sono verificate in quattro Paesi mediorientali: almeno 246 in Iran, dove la pena capitale “è sempre più usata come arma di repressione politica contro dissidenti e minoranze etniche”, 107 in Egitto, 45 in Iraq e 27 in Arabia Saudita.

Come nelle edizioni passate, sottolinea il report, il calcolo globale non include le migliaia di esecuzioni che Amnesty International (contraria alla pena di morte a prescindere da natura e circostanze del crimine) crede siano state effettuate in Cina, dove i dati sulla pena di morte sono classificati come segreto di Stato, e pesa anche l’accesso estremamente limitato alle informazioni in Corea del Nord e Vietnam, che si ritiene applichino in larga misura le condanne capitali.

Le nuove sentenze di morte

Si registra un forte calo anche nel numero di nuove sentenze di morte emesse nel mondo, almeno 1.477 ossia il 36% in meno rispetto al 2019. Secondo quanto ricostruito da Amnesty, ci sono 16 donne fra le 483 persone giustiziate in diciotto Paesi, 4 in Egitto, 9 in Iran, 1 in Oman e 2 in Arabia Saudita.

La pena di morte è stata applicata 17 volte negli Stati Uniti nel 2020, e a fine dicembre c’erano 2.485 detenuti condannati alla pena capitale. A livello globale erano almeno 28.567, l’82% concentrati in nove Paesi, fra cui Usa, Iraq (7.900), Pakistan (4.000), Nigeria (2.700), Bangladesh (1.800), Malaysia (1.314), Vietnam (1.200), Kenya (1.000) e Sri Lanka (1.000).

Milena Castigli: