Queste settimane che passano al rallentatore, hanno messo in pausa i nostri sogni di vita. Quei sogni che fino poco fa con la vita quotidiana, con il correre di ogni giorno, con grandi attenzioni quotidiane potevamo provare a realizzare, oggi sembrano rimasti li. Sembriamo immobilizzati, impotenti nel poterli sviluppare.
Come in un film
Abbiamo fatto molto, potevamo fare molto di più, a volte non ce ne rendevamo conto, ora siamo ad aspettare. Pupi Avati ha paragonato questi giorni ad una pellicola spezzata in un cinema degli anni 50, quando a metà film la lampada bianca invadeva la fumosa sala cinematografica, chiudevi gli occhi per non perdere l’atmosfera creata da quella storia e speravi solo che quanto prima ripartisse la pellicola grazie all’omino che era in cabina.
Cultura familiare
Ma ora l’omino in cabina che fa ripartire la nostra pellicola dov’è? Chissà chi potrà far ripartire i sogni, o meglio chi potrà farci ripartire per cercar di realizzare i sogni che continuano a vivere in noi. Molti non potranno più sognare, sono per lo più gli anziani, colpiti dal virus e costretti al trapasso anticipato. Quando un anziano se ne va è un dolore per la famiglia, per gli amici, ma è una perdita enorme per la comunità. Tanto più si è anziani tanto più se ne va un bagaglio di sapere, di esperienze, di cultura. Non la cultura Leopardiana o Mozartiana, quella è nei libri e resta, il danno è nel perdere la storia, la tradizione, la Cultura con la C maiuscola che è quella delle nostre famiglie, perdere il sapere di cosa facevano le nonne nel garage sotto casa nei pomeriggi di primavera o nella soffitta di sopra quando arrivava l’autunno, perdere nei piccoli paesini di qualche centinaia di abitanti che fanno bella la nostra nazione, il sapere del perché i nonni si ritrovavano due volte a settimana in quella stanzetta in piazza vicino al bar, chiusa con una serranda da 20 anni, e perché il nonno della Maestra non ha più guardato in faccia il fratello di quello che portava la posta in paese. Nessuno lo ha mai capito. Solo nonno potrebbe saperlo.
Pazienza e saggezza
Il nostro appello accorato in questo momento è proprio agli anziani. Coscienti che siete più forti di noi cinquantenni e ancor più dei ventenni. Chiedervi di non aver paura sarebbe da cretini, ma cercate di convivere con la paura, di ammaliarla con le vostre storie ripetute 50 volte, di corteggiarla con il fascino dei vostri racconti che noi abbiamo sentito cento volte, di distrarla con le vostre stravaganze che ogni giorno fanno più simpatia. Solo chi ha un’età importante ha un reale porto d’armi acquisito di diritto per combattere questi giorni: l’arma lunga della pazienza, l’arma affilata della saggezza, l’arma potente della resistenza. Noi ci stringiamo metaforicamente attorno a voi, vi chiediamo protezione: difendeteci e non provate ad andarvene adesso che abbiamo davvero bisogno di Voi.