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Patrick Zaki racconta l’odissea: “Voglio tornare presto a Bologna”

Lo studente dell'università di Bologna, rilasciato dopo 22 mesi trascorsi nelle prigioni egiziane, ospite a Che tempo che fa: "Grazie a voi sono a casa"

“Spero di poter venire in Italia, a Bologna, il più presto possibile”. Sta accadendo tutto in fretta a Patrick Zaki, studente egiziano dell’università felsinea, rilasciato dopo 22 mesi trascorsi nelle carceri del suo Paese. La fine di un incubo che sembrava interminabile, l’abbraccio ai suoi familiari, una libertà apparsa quasi come una chimera dalle prigioni egiziane. Ora Zaki può raccontare la sua esperienza e, per questo, interviene a Che tempo che fa, ospite di Fabio Fazio, parlando per la prima volta in pubblico della sua odissea. E, soprattutto, dei suoi desideri per il futuro. Patrick Zaki, infatti, è stato liberato ma le accuse contro di lui non sono cadute. Dovrà affrontare un processo, con udienza fissata l’1 febbraio. Allo studente vengono contestate le accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, sovversione, diffusione di false notizie. Tutto, a quanto pare, per alcuni post sulle condizioni dei cristiani copti del Paese.

Il racconto di Patrick Zaki

Ma ora non ci pensa. E ringrazia nuovamente l’Italia: “E’ grazie a tutti voi se sono a casa”. E’ commosso Zaki, specie dopo l’ovazione dello studio, che si alza in piedi tributandogli un lungo applauso a inizio collegamento. “Adesso sto proprio bene, sto cercando di capire che mi è successo ma mi sembra di essere un sogno, grazie a quello che tutti voi e il vostro programma ha fatto per me”. L’attesa del processo si fa sentire ma l’aria di libertà ha riportato una ventata di ottimismo nello studente. Il cui obiettivo è piuttosto chiaro: “Continuo a pensare a Bologna e ai miei studi, che vorrei completare lì. Spero di vivere a Bologna, voglio fare qualcosa per questa mia città che mi ha sostenuto”. Non è chiaro quando gli sarà possibile ma il desiderio di ritornare in quella città si tocca con mano. Anche perché, dice, “sono un gran tifoso della squadra del Bologna voglio andare allo stadio prima possibile”.

Dall’incubo alla speranza

Patrick Zaki ripercorre poi i mesi di prigionia, dall’arresto alla detenzione. “Il momento peggiore è stato quando in aeroporto mi hanno chiesto di aspettare. Mi chiedevo cosa sarebbe successo… Sono stato tagliato fuori da tutti. Ma ho sempre creduto nella mia innocenza. La cosa che mi ha permesso di andare avanti è stato cercare di sfruttare tutto a mio favore”. E, al momento del rilascio, il mondo ha iniziato a riprendere colore: “Quando ho guardato la strada, sono uscito dalla stazione di polizia e mi hanno tolto le manette ero confuso. Cosa sta succedendo? Mi chiedevo. Davvero mi hanno lasciato libero?“. Un primo assaggio di normalità, al termine di 22 mesi lontano da tutto e da tutti. Dagli affetti e dalle cose care: “Non c’è una cosa sola che mi è mancata. Naturalmente la mia famiglia, gli amici, il cibo, i miei colleghi studenti a Bologna e i miei libri”. Ma, appena arrivato a casa, racconta di essersi fatto una doccia: “Avevo bisogno della sensazione dell’acqua calda”.

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