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Pasta 100% italiana: forte crescita dei consumi

Dato in controtendenza rispetto al calo degli acquisti nazionali di pasta generica.

Nel primo semestre dell’anno i consumi di pasta sono cresciuti su base annua del 7,9% in volume e del 13,5% in valore, con le vendite della GDO (Grande distribuzione organizzata) che hanno raggiunto i 461,2 milioni di euro, di cui 107,2 milioni solo per la pasta 100% Italiana. Questa crescita non deve trarre in inganno, in quanto al di là del boom nel periodo del lockdown, non si deve dimenticare che nel 2019 c’è stata una lenta ma costante riduzione dei consumi interni e, inoltre, che oltre la metà del fatturato del settore si realizza all’estero. Come rileva Ismea, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, nel 2019 “l’aumento dello 0,7% annuo della spesa delle famiglie italiane per la pasta di semola è dovuto esclusivamente all’incremento dei prezzi medi al consumo (+2%), mentre i volumi sono risultati in flessione dell’1,4%”.

In controtendenza la pasta 100% italiana

I consumi di pasta 100% italiana, che già nel 2019 avevano registrato un incremento di circa il 13% sia in volume che in valore, nel primo semestre dell’anno sono cresciuti in maniera ancora più consistente mettendo assegno aumenti del 23% in volume e del 28,5% in valore. Con una quota di mercato che è passata dal 17% nel 2018 al 20% del primo semestre. In controtendenza rispetto all’andamento in calo degli acquisti nazionali di pasta generica. Questo è quanto indica Ismea nel report ‘Tendenze sul frumento duro”.  Un dato che conferma come in un comparto ormai maturo, il richiamo all’origine nazionale della materia prima ha fornito un forte e nuovo stimolo per le famiglie.

La materia prima

Durante i mesi del lockdown in analogia a quanto si è verificato per l’intero comparto alimentare anche le vendite di pasta sono risultate in netto aumento. La pandemia e le conseguenti misure restrittive hanno esposto le industrie della trasformazione molitoria e pastaria italiana a una forte vulnerabilità, data la strutturale dipendenza dalla materia prima estera. Infatti, i quantitativi di granella che provengono oltre frontiera oscillano annualmente tra il 30% e 40% del fabbisogno delle imprese. Questa preoccupazione è stata maggiormente sentita durante le prime settimane dell’emergenza, mentre successivamente la filiera ha mostrato un elevato grado di resilienza. Tant’è che sono aumentate sia le importazioni di materia prima sia le esportazioni di pasta di semola, come anche il consumo domestico dei derivati del frumento duro.

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