“È inutile, e pure noioso, che i cristiani sprechino tempo a lamentarsi del mondo, della società, di quello che non va- afferma Francesco-. Le lamentele non cambiano nulla“. Nella solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, all’altare della cattedra, nella basilica vaticana, il Papa ha benedetto i palli conferiti al decano del collegio cardinalizio e agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno. Il pallio è stato poi imposto a ciascun arcivescovo metropolita dal rappresentante pontificio nella rispettiva sede metropolitana. Dopo il rito di benedizione dei palli, il Pontefice ha presieduto la celebrazione eucaristica con i cardinali dell’ordine dei vescovi e l’arciprete della basilica papale di San Pietro, il cardinale Angelo Comastri.
La solennità e la benedizione dei palli
Afferma Jorge Mario Bergoglio: “Nella festa dei due Apostoli di questa città, vorrei condividere con voi due parole-chiave: unità e profezia. Unità. Celebriamo insieme due figure molto diverse: Pietro era un pescatore che passava le giornate tra i remi e le reti, Paolo un colto fariseo che insegnava nelle sinagoghe. Quando andarono in missione, Pietro si rivolse ai giudei, Paolo ai pagani. E quando le loro strade si incrociarono, discussero in modo animato, come Paolo non si vergogna di raccontare in una lettera. Erano insomma due persone tra le più differenti, ma si sentivano fratelli, come in una famiglia unita, dove spesso si discute ma sempre ci si ama. Però la familiarità che li legava non veniva da inclinazioni naturali, ma dal Signore. Egli non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci. È Lui che ci unisce, senza uniformarci”.
Fase critica
Prosegue il Pontefice: “La prima Lettura di oggi ci porta alla sorgente di questa unità. Racconta che la Chiesa, appena nata, attraversava una fase critica: Erode infuriava, la persecuzione era violenta, l’Apostolo Giacomo era stato ucciso. E ora anche Pietro viene arrestato. La comunità sembra decapitata, ciascuno teme per la propria vita. Eppure in questo momento tragico nessuno si dà alla fuga, nessuno pensa a salvarsi la pelle, nessuno abbandona gli altri, ma tutti pregano insieme. Dalla preghiera attingono coraggio, dalla preghiera viene un’unità più forte di qualsiasi minaccia. Il testo dice che ‘mentre Pietro era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui’. L’unità è un principio che si attiva con la preghiera, perché la preghiera permette allo Spirito Santo di intervenire, di aprire alla speranza, di accorciare le distanze, di tenerci insieme nelle difficoltà. Notiamo un’altra cosa: in quei frangenti drammatici nessuno si lamenta del male, delle persecuzioni, di Erode. Quei cristiani non incolpavano, pregavano. In quella comunità nessuno diceva: ‘Se Pietro fosse stato più cauto, non saremmo in questa situazione’. No, non sparlavano di lui, ma pregavano per lui. Non parlavano alle spalle, ma a Dio!”.
Custodia
Evidenzia il Papa: “Noi oggi possiamo chiederci:’Custodiamo la nostra unità con la preghiera? Preghiamo gli uni per gli altri?’. Che cosa accadrebbe se si pregasse di più e si mormorasse di meno? Quello che successe a Pietro in carcere: come allora, tante porte che separano si aprirebbero, tante catene che paralizzano cadrebbero. Chiediamo la grazia di saper pregare gli uni per gli altri. San Paolo esortava i cristiani a pregare per tutti e prima di tutto per chi governa. È un compito che il Signore ci affida. Lo facciamo? Oppure parliamo e basta? Dio si attende che quando preghiamo ci ricordiamo anche di chi non la pensa come noi, di chi ci ha chiuso la porta in faccia, di chi fatichiamo a perdonare. Solo la preghiera scioglie le catene, solo la preghiera spiana la via all’unità. Oggi si benedicono i palli, che vengono conferiti al decano del collegio cardinalizio e agli arcivescovi metropoliti nominati nell’ultimo anno. Il pallio ricorda l’unità tra le pecore e il Pastore che, come Gesù, si carica la pecorella sulle spalle per non separarsene mai. Oggi poi, secondo una bella tradizione, ci uniamo in modo speciale al patriarcato ecumenico di Costantinopoli. Pietro e Andrea erano fratelli e noi, quando possibile, ci scambiamo visite fraterne nelle rispettive festività: non tanto per gentilezza, ma per camminare insieme verso la meta che il Signore ci indica: la piena unità. La seconda parola, profezia”.
Chi sono
Osserva Francesco: “I nostri Apostoli sono stati provocati da Gesù. Pietro si è sentito chiedere: ‘Tu, chi dici che io sia?’. In quel momento ha capito che al Signore non interessano le opinioni generali, ma la scelta personale di seguirlo. Anche la vita di Paolo è cambiata dopo una provocazione di Gesù: ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?’. Il Signore lo ha scosso dentro: più che farlo cadere a terra sulla via di Damasco, ha fatto cadere la sua presunzione di uomo religioso e per bene. Così il fiero Saulo è diventato Paolo, che significa ‘piccolo’. A queste provocazioni, a questi ribaltamenti di vita seguono le profezie: ‘Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa‘; e a Paolo: ‘È lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni’. Dunque, la profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio: non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta. Ed eccoli Pietro e Paolo, profeti che vedono più in là: Pietro per primo proclama che Gesù è ‘il Cristo, il Figlio del Dio vivente’; Paolo anticipa il finale della propria vita: ‘Mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore mi concederà’. Oggi abbiamo bisogno di profezia, di profezia vera: non di parolai che promettono l’impossibile, ma di testimonianze che il Vangelo è possibile. Non servono manifestazioni miracolose, ma vite che manifestano il miracolo dell’amore di Dio. Non potenza, ma coerenza. Non parole, ma preghiera. Non proclami, ma servizio. Non teoria, ma testimonianza. Non abbiamo bisogno di essere ricchi, ma di amare i poveri; non di guadagnare per noi, ma di spenderci per gli altri; non del consenso del mondo, ma della gioia per il mondo che verrà; non di progetti pastorali efficienti, ma di pastori che offrono la vita: di innamorati di Dio. Così Pietro e Paolo hanno annunciato Gesù, da innamorati. Pietro, prima di essere messo in croce, non pensa a sé ma al suo Signore e, ritenendosi indegno di morire come Lui, chiede di essere crocifisso a testa in giù. Paolo, prima di venire decapitato, pensa solo a donare la vita e scrive che vuole essere ‘versato in offerta’. Questa è profezia. E cambia la storia. Cari fratelli e sorelle, Gesù ha profetizzato a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. Anche per noi c’è una profezia simile. Si trova nell’ultimo libro della Bibbia, dove Gesù promette ai suoi testimoni fedeli ‘una pietruzza bianca, sulla quale sta scritto un nome nuovo’. Come il Signore ha trasformato Simone in Pietro, così chiama ciascuno di noi, per farci pietre vive con cui costruire una Chiesa e un’umanità rinnovate. C’è sempre chi distrugge l’unità e chi spegne la profezia, ma il Signore crede in noi e chiede a te: ‘Vuoi essere costruttore di unità? Vuoi essere profeta del mio cielo sulla terra?’. Lasciamoci provocare da Gesù e troviamo il coraggio di dirgli: ‘Sì, lo voglio!'”.