Papa Francesco ha aperto la Porta Santa al carcere di Rebibbia, un gesto simbolico voluto fortemente del Pontefice per coinvolgere tutta la popolazione carceraria del mondo nel Giubileo della speranza.
Le porte sante
Le Porte Sante in questo Giubileo ordinario sono infatti solo quattro, quelle delle basiliche papali a Roma, ma Bergoglio ha voluto che fosse simbolicamente aperta una Porta Santa anche in un carcere. Ad accompagnare il Papa c’è anche il pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella.
La celebrazione
Il Papa ha varcato la Porta Santa a piedi (e non sulla sedia a rotelle come era accaduto nella basilica di San Pietro). Accanto a lui il vescovo ausiliare di Roma mons. Benoni Ambarus. “Ho voluto che la seconda Porta Santa fosse qui, in un carcere. Ho voluto che ognuno di noi, che siamo qui dentro e fuori, avessimo la possibilità di spalancare le porte del cuore e capire che la speranza non delude“, ha detto il Papa prima di varcare la Porta Santa ed entrate nella cappella del carcere di Rebibbia dove si tiene la messa. Presenti alla celebrazione, dentro la cappella, circa trecento detenuti e il personale della polizia penitenziaria.
Il ministro
E’ presente anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio alla messa nel carcere di Rebibbia celebrata da Papa Francesco per l’apertura della Porta Santa. Presente anche il Capo del Dap Giovanni Russo che nei giorni scorsi ha presentato le dimissioni. Ci sono anche Alessandro Diddi, pg del tribunale vaticano, e il cardinale José Tolentino de Mendonca, Prefetto del Dicatsero della Cultura.
Tajani: “Affrontare tema carceri”
“La decisione del Papa di aprire la porta Santa a Rebibbia impegna tutti noi ad affrontare il tema carceri. Che fare? Intervenire sulla carcerazione preventiva, pena in comunità per i tossicodipendenti, più giudici di sorveglianza e agenti della Penitenziaria. La pena è privazione della libertà, non della dignità“: lo scrive in un messaggio su X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
La speranza non delude
“La speranza non delude mai”, “pensate bene a questo”, “anche io devo pensarlo perché nei momenti brutti uno pensa che tutto è finito, che non si risolve niente ma la speranza non delude mai”. Lo ha detto il Papa nell’omelia della messa nel carcere di Rebibbia dove ha aperto la Porta Santa del Giubileo. “A me piace pensare la speranza come l’àncora che è sulla riva e noi con la corda siamo sicuri“. “Non perdere la speranza: è questo il messaggio che voglio darvi, dare a tutti noi, io il primo” perché “la speranza mai delude“. Il Papa, alla fine della cerimonia a Rebibbia, ha augurato a tutti anche un “buon anno”, che sia “migliore di questo”. “Da qui voglio salutare i detenuti che sono rimasti in cella, che non sono potuti venire. Un saluto a tutti voi e ad ognuno di voi”, ha detto Francesco e i detenuti hanno risposto con un grande applauso. Poi ha concluso: “E non dimenticate: aggrapparsi all’àncora“, simbolo della speranza.
La porta del cuore
Il Papa, nell’omelia della messa nel carcere di Rebibbia, dove ha aperto la Porta Santa, ha invitato tutti a tenere “le finestre spalancate, le porte spalancate, soprattutto la porta del cuore. Quando il cuore è chiuso diventa duro come una pietra, si dimentica della tenerezza, anche nelle situazioni più difficili, ognuno di noi ha la propria”. Quindi ha ripetuto l’invito a tenere “sempre il cuore aperto”. “Spalancate le porte del cuore, ognuno sa come farlo, ognuno sa dove la porta è chiusa o semichiusa, ognuno sa”. Riferendosi alla Porta Santa del carcere, il Papa ha spiegato: oggi “abbiamo spalancato questa”, “questo è un segnale della porta del nostro cuore”.
“Prego per voi
“Vi auguro un grande Giubileo, vi auguro molta pace, molta pace. E tutti i giorni prego per voi. Davvero eh.. non è un modo di dire. Penso a voi e prego per voi. E voi pregate per me”. Così Papa Francesco ha concluso l’omelia della messa nel carcere romano di Rebibbia dove ha aperto la Porta Santa.
I doni
Al termine della liturgia, Francesco ha ricevuto alcuni doni dai detenuti: dagli uomini del Nuovo Complesso, la riproduzione in miniatura della porta della Chiesa del Padre Nostro, creata all’interno del laboratorio “Metamorfosi” utilizzando i legni dei barconi dei migranti; dalle donne di Rebibbia femminile, un cesto contenente olio, biscotti, ceramiche e bavaglini, frutto del loro lavoro. Anche l’Amministrazione Penitenziaria ha omaggiato il Papa con un quadro: un dipinto che raffigura un Cristo salvifico realizzato dall’artista Elio Lucente, ex poliziotto penitenziario.
I saluti
Il Papa, al termine della messa a Rebibbia, sta salutando uno ad uno i presenti. Molti i sorrisi, il Pontefice ha per ciascuno una parola. Anche il Papa appare molto contento di questo evento che aveva fortemente voluto. I presenti all’interno della cappella, tra detenuti, volontari e agenti della polizia penitenziaria, sono trecento. Altri trecento hanno seguito la cerimonia dall’esterno. Tra le autorità che hanno salutato il Papa alla fine della messa c’era il sindaco di Roma Roberto Gualtieri e il presidente del Cnel Renato Brunetta. Il Papa ha salutato tutte le persone che erano all’interno e poi, prima di andare via, alcune all’esterno. All’uscita indossava una sciarpa che gli è stata donata alla fine della celebrazione a Rebibbia. Prima di andare via ha anche visitato il presepe realizzato dai detenuti nel quale è raffigurato un San Giuseppe che disegna il mondo. Francesco sta ora tornando in Vaticano dove alle 12 reciterà la preghiera dell’Angelus.
Fonte Ansa