Nuovo colpo alla Mafia siciliana. Beni per cento milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania a imprenditori ritenuti riconducibili al clan Santapaola-Ercolano. Il decreto è stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale su proposta congiunta della Procura di Catania e del direttore della Dia.
Il clan stragista Santapaola-Ercolano
Il clan Santapaola-Ercolano è uno dei più antichi e potenti della sicilia. Uno dei due fondatori, Benedetto Santapaola detto Nitto (Catania, 4 giugno 1938) è considerato uno tra i più potenti e sanguinari boss mafiosi di Cosa nostra. Nel 1987 al Maxiprocesso di Palermo è stato condannato all’ergastolo per la strage della circonvallazione e ad un altro ergastolo per la strage di via Carini, in cui morì il prefetto di Palermo e generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa.
Il 26 settembre 1997 viene condannato in primo grado all’ergastolo per la strage di Capaci, in cui morì il giudice Giovanni Falcone. Tra gli altri condannati ci sono anche Provenzano, Riina e Giovanni Brusca. Nel 1998 viene chiuso il processo d’appello sulla morte di Giuseppe Fava: Santapaola viene condannato all’ergastolo insieme ad Aldo Ercolano, nipote e braccio destro di Benedetto. Il 9 dicembre 1999 si conclude a Caltanissetta il processo in primo grado Borsellino-ter: Santapaola viene condannato all’ergastolo con altri diciassette capimafia. Tra di loro ci sono Giuseppe Madonia, Giuseppe Calò e Raffaele Ganci. Santapaola, ormai 83enne, è tutt’ora recluso.
Il precedente: l’operazione Dakar
Lo scorso giugno, durante l’operazione denominata Dakar, i carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Catania avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei presunti affiliati al clan Santapaola-Ercolano nell’ambito di indagini su due omicidi di mafia avvenuti a Catania nel 2014. Nello specifico, si trattava degli omicidi di Salvatore Di Pasquale, detto ‘Giorgio Armani’, avvenuto a Catania il 29 aprile del 2004 e di Michele Costanzo, commesso sempre nel capoluogo etneo il 3 maggio successivo. Il movente del delitto sarebbe stata la volontà degli Ercolano di sottrarre la gestione dell’azienda dove lavoravano le vittime al legittimo proprietario.