23 mesi di angosciante silenzio nella terra di nessuno tra Niger, Burkina Faso e Mali. Un tempo infinito per il fratello Walter e gli altri familiari di padre Gigi Nei campi jihadisti del Mali settentrionale sono tenuti prigionieri padre Gigi Maccalli, missionario della Sma, la Società delle missioni africane e Nicola Chiacchio, cinquantenne campano, ingegnere aereospaziale e appassionato di viaggi in angoli difficili del pianeta. Il missionario cremasco è stato catturato il 17 settembre 2018 da un gruppo di uomini armati che avevano fatto irruzione nella sua parrocchia di Bomoanga, una missione nella diocesi di Niamey alla frontiera del Niger con il Burkina Faso.
Gigi e Nicola
Non si sa più nulla del turista Chiacchio, invece, dal 4 febbraio 2019. E’ stato fermato per due giorni da una pattuglia di militari a Douentza mentre era diretto in bicicletta a Timbuctu. Il suo attraversamento in bici del Mali è proseguito verso una delle aree più pericolose del Sahel. In un video pubblicato sul sito della Società delle Missioni Africane si vedono padre Maccalli e Chiacchio. mostrati davanti alle telecamere dai loro sequestrati per dare prova che sono ancora in vita. “Per oltre un anno è rimasta ferma nel cortile interno della cattedrale di Niamey. Sembrava che usarla fosse una mancanza di rispetto per padre Gigi che l’aveva lasciata accanto alla sua camera. La sua camionetta Toyota era parcheggiata giusto accanto alla porta” racconta all’agenzia Fides padre Mauro Armanino, missionario della Società delle Missioni Africane (Sma) alla quale appartiene pure p. Pierluigi, “Gigi” Maccalli, rapito dalla missione di Bomoanga il 17 settembre 2018.
L’auto ferma
“Era la ‘sua’ bianca Toyota 4Wd- AD 9627, Repubblica del Niger (RN) e, naturalmente Niamey (NY). Si pensava dovesse tornare da un giorno all’altro, da una settimana all’altra, da un mese all’altro. Passato l’anno di prigionia la comunità Sma ha scelto di rimettere in funzione la sua macchina e cominciare a prepararla per l’eventuale ritorno. All’inizio non è stato facile guidarla” dice padre Mauro. E prosegue il religioso: “Gigi aveva l’abitudine di passare alla casa Sma di Niamey ogni due settimane, di media, per acquisti e altre commissioni. Soprattutto tornava in citta con l’auto riempita di malati: bambini, anziani, giovani e accompagnatori. Li accompagnava spesso in ospedale e poi dalla Sorelle della Carità che accoglievano gli ammalati nel loro dispensario, dalle porte sempre aperte“.