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Nei campi profughi i bambini siriani muoiono di freddo

All'improvviso i corpi caldi diventano gelidi. È il tragico destino di tanti bambini siriani al confine con la Turchia. Come Iman Leila, una bambina di appena 18 mesi morta congelata in un campo profughi siriano, come riporta il New York Times. Perché se la guerra civile nel Paese presenta un conto salato dopo nove anni, questo pesa soprattutto sui più inermi e fragili. E come un effetto domino, il dramma della guerra aggiunge tribolazione su tribolazione. Per i rifugiati, costretti a lasciare le loro case per non morire sotto le bombe, la morte potrebbe sopraggiungere con le rigide temperature al confine. Chi può, avvolge i suoi bambini nei teli di plastica, ma le organizzazioni umanitarie denunciano una situazione insostenibile.

Un esodo interminabile

Secondo le organizzazioni umanitarie presenti nel Paese, l'esodo dei profughi siriani è tra i più drammatici al mondo, secondo solo a quello dei Rohingya in Myanmar. Il punto è che nella provincia nord-occidentale della Siria nessun luogo appare sicuro. Dal 2011 Bashar al-Assad cerca di riprendere il controllo di tutto il Paese. Gli resta il governatorato di Idlib, ancora controllato dai ribelli che si oppongono al suo governo – per essere più precisi, alla dinastia degli Assad, che detiene il potere dagli anni Settanta -. Fra costoro, vi sono alcune milizie del cartello jihadista Hayat Tahrir al Sham, i guerriglieri filo-turchi sostenuti proprio da Ankara. Con l'appoggio degli aerei di Putin, Damasco continua a bombardare le ultime roccaforti di resistenza. E lo fa indistinamente, senza badare ai target. Così scrive Stephanie Brancaforte su TPI: “Sembra che, in Siria, nessun luogo sia davvero sicuro: nelle ultime settimane, due ospedali sono stati ripetutamente colpiti da attacchi aerei e uno dei pochi ospedali funzionanti ha dovuto chiudere per paura di un imminente attacco. I soccorritori hanno evacuato donne in stato di gravidanza e neonati. In effetti, un ospedale con reparto maternità a Idlib è stato bombardato dalla Russia e tutti sono stati evacuati, inclusa una madre che aveva appena partorito due gemelli. Uno dei gemelli, in condizioni critiche perché nato con una problematica cardiaca, è stato accidentalmente lasciato indietro nell’incubatrice e i Caschi Bianchi sono tornati indietro per salvarlo”.

Una vergognosa emergenza

Ma è anche emergenza nei campi profughi. Con un'area sotto il fuoco dei raid siro-russi, i gruppi assistenziali e di aiuto non riescono a raggiungere i civili, oppure se lo fanno impiegano diverse ore per raggiungere i campi perché le strade sono bloccate. Ma il dramma maggiore riguarda i bambini. I campi che accolgono gli esodati sono stracolmi, almeno tre milioni di essi continuano a premere lungo il confine turco e il rischio di un'epidemia all'interno delle tende, per nulla servite da servizi igienici adeguati, è molto alto. Chi non ha l'opportunità – peraltro precaria – di una tenda, cerca di sopravvivere all'aperto, dormendo sotto gli alberi. Ma il freddo nell'Idlib è molto rigido, e questo porta tanti bambini a morire congelati. Come scrivono Vivian Yee e Hwaida Saad sul New York Times, chi può cerca di avvolgere i piccoli – alcuni neonati – in teli di plastica. Non tutti sopravvivono alle notti rigide. 

E la comunità internazionale?

Oggi la Turchia, che sta premendo perché teme un'ondata di profughi al confine, ha chiesto una riunione straordinaria della Nato. Lo ha dichiarato lo stesso Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg: “Oggi il consiglio Nato si riunisce su richiesta della Turchia” ha detto. Il motivo dell'urgenza sarebbe l'attacco dell'aviazione siriana, ai comandi del presidente del Paese, Bashar al-Assad, contro le Forze armate turche. Nello scontro, Ankara ha perso 33 militari. Eppure la Turchia non ha mai negato i suoi sforzi a trasformare il governatorato di Idlib in una zona di sicurezza con un regime di cessate il fuoco. Ieri la Turchia ha chiesto alla Russia una tregua immediata dopo che, da gennaio 2020, il cessate il fuoco inizialmente concordato è stato più volte disatteso con una vasta offensiva guidata dalle milizie siriane appoggiate dalla Russia. A dicembre scorso, le Nazioni Unita hanno tentato di far approvare nuove rotte per la consegna degli aiuti, ma nel Consiglio di sicurezza sia Russia che Cina vi hanno posto il veto, per timore – a detta loro – di un implicita “rinascita” dei gruppi jihadisti. Gli osservatori internazionali ritengono che, attraverso la mediazione di Turchia e Russia, si possa infine arrivare a un accordo che ponga una tregua temporanea. Per ora, tuttavia, la situazione resta altamente precaria e una tregua sembra ancora un orizzonte lontano.

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