La Polizia di Stato ed dato esecuzione oggi a 17 misure cautelari a carico di altrettante persone appartenenti o vicini alla ‘ndrina dei Forastefano, le cui attività criminali sono concentrate nella Piana di Sibari o Sibaritide. I reati contestati alle persone coinvolte nell’operazione sono, a vario titolo, associazione per delinquere di stampo mafioso, riciclaggio di denaro, estorsione e intestazione fittizia di beni. Gli agenti hanno anche eseguito alcuni sequestri di società e imprese.
La ‘ndrina Forastefano
Il clan Forastefano è una cosca malavitosa o ‘ndrina della ‘ndrangheta calabrese dedita all’estorsione, all’usura, scambio di voto, traffico di droga, truffe, traffico di clandestini, infiltrazione negli appalti pubblici e in svariati settori dell’economia locale: l’agricoltura, la pesca, le imprese e perfino l’INPS e mutui a tasso usuraio. Il 26 maggio 2011 si pente e decide di collaborare con la giustizia Antonio Forastefano detto “Tonino il Diavolo”. Viene accusato tra gli altri il presunto boss di Gerocarne Bruno Emanuele per due omicidi nella Sibaritide e per gli omicidi nel 2002 dei fratelli Loielo.
17 arresti nella Sibaritide
Le indagini nei confronti della cosca di ‘ndrangheta Forastefano, che hanno portato all’arresto di 17 persone nella Sibaritide, sono durate tre anni e sono state condotte dalla squadra mobile di Cosenza, guidata dal vicequestore Fabio Catalano e dal Servizio centrale operativo della polizia, e dirette dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dal pm antimafia Alessandro Riello.
Le persone finite in carcere sono 10, mentre altre 7 sono state poste ai domiciliari. Tra le persone coinvolte nell’inchiesta anche un commercialista ed un noto avvocato della zona. Sono stati ricostruiti, attraverso dichiarazioni e intercettazioni, diversi episodi estorsivi e intimidatori. In particolare, le vessazioni subite dal titolare di una azienda di trasporti che è stato spogliato dei mezzi e sostituito nei rapporti che aveva con un’altra azienda a beneficio di una impresa controllata dalla cosca.
“Il sodalizio – ha spiegato Catalano – condizionava tutta l’economia della Sibaritide arrivando ad imporre le proprie ditte di autotrasporto e di prodotti ortofrutticoli con estorsioni, intimidazioni e attività di intestazione fittizia di beni a soggetti compiacenti.
Erano anche specializzati in truffe in danno dell’Inps, che attuavano attraverso le indennità percepite per il tramite di braccianti agricoli fittiziamente reclutati, ma mai realmente impegnati nei lavori”. Inoltre, eseguiti provvedimenti di sequestro tra imprese e mezzi, per un valore di oltre dieci milioni di euro.