La premier Giorgia Meloni, durante il summit NATO di Washington, ha rassicurato gli alleati sull’aumento delle spese militari italiane, puntando al 2% del PIL e contribuendo al fondo da 40 miliardi per Kiev. Ha evidenziato l’importanza di un’industria della difesa innovativa e complementare tra NATO e UE. Tuttavia, ha sottolineato che l’Italia deve gestire queste spese con efficacia, evitando duplicazioni. Il raggiungimento del 2% del PIL per le spese militari richiede significativi sforzi economici, pari a oltre 10 miliardi di euro. Per facilitare questo obiettivo, il governo Meloni intende chiedere alla Commissione Europea di scorporare gli investimenti militari dal patto di stabilità. Questo permetterebbe un incremento graduale della spesa militare, mantenendo l’impegno verso la NATO.
Le rassicurazioni di Giorgia Meloni agli alleati della Nato
Grandi manovre di Giorgia Meloni per rassicurare gli alleati al summit Nato di Washington sul 2% del pil per le spese militari e sull’impegno per la quota del nostro Paese nel fondo da circa 40 miliardi annunciato dall’Alleanza per Kiev, insieme a F16, nuove difese aeree (compreso un altro Samp-T italiano), un centro di coordinamento degli aiuti in Germania e un alto funzionario civile a Kiev. “L’Italia è oggi in grado di annunciare che la traiettoria della spesa per la difesa nel 2024 è in aumento. Il 2% è tra i nostri obiettivi, ma non è l’unico. Dobbiamo anche lavorare a un’industria della difesa innovativa e competitiva, che tragga vantaggio dalla complementarità tra Nato e Ue”, e’ il messaggio inviato dalla premier al vertice, secondo quanto si apprende. La premier ha quindi assicurato che “il sostegno italiano continuerà, ma deve essere mirato ed efficace, allo stesso tempo evitando duplicazioni, perché 96 cittadini dell’Unione Europea su 100 sono anche cittadini di una nazione della Nato e il bilancio nazionale al quale attingiamo è sempre lo stesso”.
Impatti economici degli impegni militari
Il 2% e la quota al fondo da 40 miliardi sono due esborsi economici che per l’Italia equivarrebbero rispettivamente a oltre 10 miliardi di euro e 1,7 miliardi di euro. Una cifra considerevole, considerando lo stato dei conti pubblici italiani, praticamente equivalente al costo di una misura come il taglio del cuneo fiscale. Per arrivare al traguardo del 2% del pil (pari oggi a poco più di 40 miliardi di euro), il governo Meloni, come preannunciato dal ministro della difesa Guido Crosetto a Washington, intende chiedere alla prossima Commissione Ue di scorporare gli investimenti militari dal nuovo patto di stabilità licenziato dall’Europa, che li considera come “fattore rilevante” ai fini delle procedure per deficit eccessivo. Rappresentano cioè una sorta di ‘sconto’ per i Paesi che sforano il tetto di deficit al 3%. In tal modo già nel giro di un anno si potrebbe passare dall’1,46% del 2023 (in valore assoluto circa 29 miliardi) all’1,6%, per incrementare poi la percentuale sino al 2%. Un impegno, ha assicurato la premier, cui l’Italia “terrà fede’. Ma, ha avvisato, “ovviamente con i tempi e le possibilità che abbiamo” e considerando anche “l’impegno complessivo del Paese nella Nato”, dove siamo “tra i maggiori contributori di personale in quasi tutte le missioni e le operazioni di pace” (secondo alcune stime si tratterebbe di 1,825 miliardi, con un aumento di 800 milioni sul 2023).
Dinamiche negoziali e sfide interne
Cruciali quindi il peso negoziale della Meloni con la prossima Commissione – con l’incognita del suo voto sull’Ursula bis – e la resistenza del vicepremier Matteo Salvini ad un aumento delle spese militari, soprattutto se indirizzate a Kiev. Ma sul secondo punto il ministro degli esteri Antonio Tajani da Washington ha escluso tensioni o veti, ribadendo la ferma collocazione euroatlantica dell’Italia, il sostegno all’Ucraina “senza se e senza ma” e “l’impegno di procedere verso l’obiettivo del 2%, anche se non si può raggiungere immediatamente”. Tajani ha inoltre lanciato la candidatura italiana per l’inviato speciale della Nato sul fronte sud dell’Alleanza, figura ufficializzata nel secondo giorno di vertice e che rappresenta già una vittoria per Meloni. “E’ una buona notizia”, ha detto la premier notando, secondo quanto si apprende, che “non possiamo essere lasciati soli nella difesa del fronte sud dell’Alleanza”. Il nome dell’inviato speciale per il sud ancora non si conosce ma il capo della diplomazia estera ha ricordato che “ci sono anche degli eccellenti candidati italiani, nomi di alto livello con conoscenza sia della Nato sia della realtà del fianco Sud”. La sfida è con Spagna e Francia.
Cooperazione europea e impegni futuri
Con Francia, Germania e Polonia l’Italia firmerà oggi una lettera di intenti sul cosiddetto Elsa (European Long-Range Strike Approach) che “mira a migliorare la nostra capacità, come europei, di sviluppare, produrre e fornire capacità nel campo degli attacchi a lungo raggio, che sono estremamente necessarie per scoraggiare e difendere il nostro continente”, ha spiegato l’ambasciata francese. La premier firmerà inoltre la dichiarazione finale del summit che impegna l’Italia a fare la sua parte anche nel fondo di 40 miliardi per Kiev: una quota di circa 1,7 miliardi, superiore a quella versata ogni 12 mesi nei primi due anni di guerra. Una cifra che – da quanto si apprende – ha sollevato preoccupazioni in alcuni membri del governo, compreso Crosetto. Ma l’impegno sarà politico, e non giuridicamente vincolante, consentendo a Roma di gestirlo in modo flessibile. Rappresentante di uno dei Paesi fondatore della Nato nella foto di gruppo per il 75/mo dell’Alleanza, e nella cena tra i leader alla Casa Bianca, Meloni è riuscita così a giocarsi la carta del suo atlantismo convinto, confermandosi un alleato forte, affidabile e pronto a raccogliere la sfida del fianco sud dell’Alleanza. Ma con i compiti da fare a casa, tra ristrettezze di bilancio, trattative con la nuova commissione Ue e l’incognita Salvini.
Fonte: Ansa