“Basta con le esecuzioni e con la repressione”. E’ netto il messaggio che il ministro degli Esteri Antonio Tajani, a nome di tutta l’Italia, ha trasmesso all’ambasciatore iraniano dopo oltre 100 giorni di manifestazioni che il regime sta cercando di schiacciare nel sangue.
Tajani all’ambasciatore iraniano: “Fermate il boia”
Mohammad Reza Sabouri non ha ancora presentato le credenziali al presidente Mattarella ma Tajani ha bruciato i tempi e ha convocato stamattina l’ambasciatore designato alla Farnesina per chiedere a Teheran “la sospensione delle condanne a morte, il blocco immediato delle esecuzioni, la sospensione della repressione violenta delle manifestazioni” e l’apertura di “un dialogo” con chi protesta. Perché, ha ammonito il capo della diplomazia italiana, “non è questione di ordine pubblico uccidere bambini di 12, 14 o di 17 anni”, ovvero l’età di Mehrdad Malek, ucciso ieri dagli agenti iraniani dopo un inseguimento ad Ardaq, nella provincia di Qazvin.
Una delle ultime vittime di una violenza di Stato che se la prende soprattutto con i più giovani. “L’ambasciatore ha detto che riferirà al suo governo” le richieste italiane e “ci auguriamo che l’Iran risponda positivamente”, ha riferito ancora Tajani, che durante l’incontro ha manifestato al diplomatico “l’indignazione e la preoccupazione dell’Italia per quanto sta accadendo nel Paese”.
Dopo il no del ministro al bilaterale con il collega di Teheran in occasione dei Med Dialogues di Roma a inizio dicembre, “ci auguriamo che questo ulteriore segnale venga recepito. L’Italia e l’Europa sono impegnate a difendere i valori della libertà e della democrazia, cerchiamo il dialogo e il confronto, ma non si possono superare linee rosse”. E “per noi italiani e per noi tutti europei, la pena di morte è una linea di non ritorno, soprattutto se utilizzata per chi si oppone al governo e per motivi futili”. O vengono sospese le esecuzioni “o continueremo a condannare con grande fermezza ciò che sta accadendo”, ha assicurato il titolare della Farnesina.
“Avevamo sperato che con la liberazione di Alessia Piperno ci fosse un’inversione di tendenza ma purtroppo così non è stato”. Quella italiana è una richiesta legittima, “non è un’ingerenza. Chiediamo che non vengano massacrate donne perché si tolgono il velo, che ragazzi non vengano condannati a morte per aver partecipato a delle manifestazioni” e “che le bambine non vengano uccise” con “violenze sessuali di massa, è una cosa inaccettabile e indegna”.
Ma nonostante tutto, il dialogo con Teheran deve restare. “Anche nel documento approvato dai ministri degli Affari esteri non abbiamo chiuso la porta sul nucleare”, ha spiegato Tajani. “Ci auguriamo che l’Iran scelga la via del dialogo e del confronto. Ho chiesto anche oggi di avere un atteggiamento responsabile nell’area mediorientale, perché riteniamo che si debba lavorare per la stabilità”.
Da Teheran però non arrivano segnali incoraggianti. Il regime oggi ha liquidato l’ultimo simbolo delle proteste, la scacchista Sara Khadim al-Sharia che ha sfidato gli ayatollah giocando ai mondiali in Kazakhstan senza indossare il velo: “Non rappresentava la Repubblica islamica”, ha precisato un funzionario iraniano. E se da una parte fa tirare un sospiro di sollievo la notizia dell’annullamento della condanna a morte del medico Hamid Qarahasanlou, arrestato con la moglie durante gli scontri delle scorse settimane a Karaj, dall’altra sono almeno 100 le persone condannate a morte o accusate di reati capitali dopo le proteste in Iran. Tra questi, ci sono anche cinque donne.
In realtà si ritiene che il numero reale di manifestanti che rischiano la pena di morte sia molto più alto perché le famiglie sono state sottoposte a pressioni e minacce per rimanere in silenzio. Finora, due giovani sono stati giustiziati. E secondo l’Iran Human Rights, almeno 476 manifestanti sono stati uccisi, tra cui 64 bambini e 34 donne.
Fonte: Ansa