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Il caso Messi e il canto del cigno del vecchio Barça

La volontà della Pulce di lasciare il Barcellona non è solo una bomba di mercato, ma la certificazione di un'epoca (d'oro) che si chiude

Non c’è niente di chiaro né di definito nella vicenda Messi. Perché le voci che vorrebbero la decisione della Pulce di lasciare il Barcellona come “irrevocabile” è, appunto, solo una voce. Di certo, per il momento, c’è solo la volontà (quella sì ufficiale) comunicata dal giocatore. Forse più un messaggio che una dichiarazione di intenti, ma comunque una notizia che ha immancabilmente provocato uno scossone nell’ambiente calcistico.

Da Barcellona, dove Lionel ha iniziato e proseguito la sua incredibile carriera, fino al resto d’Europa (e anche più in là), dove la bomba dello svincolo a parametro zero ha fatto leccare i baffi a tutte le big. O, perlomeno, a quelle in grado di permettersi le prestazioni (e il compenso) di uno da 645 gol in maglia blaugrana. E da sei Palloni d’oro in bacheca.

Messi e l’epoca d’oro

Messi non è Cristiano Ronaldo, non ha avuto la parabola del suo rivale attraverso quattro diversi campionati. Leo al Barça c’è praticamente nato e cresciuto. Abbastanza scontato che la notizia dell’addio possibile (forse anche probabile) abbia smosso le fondamenta del Camp Nou. E anche la parte di Barcellona che non tifa Espanyol. Da una parte perché, assieme ai risultati sul campo, l’eventuale addio di Messi significherebbe la fine dell’era forse più luminosa della storia blaugrana. Quella del triplete, del tiki-taka, di Guardiola e dell’epoca d’oro del calcio spagnolo, con il Barça fucina e pietra d’angolo della Roja campione di tutto.

Ma significherebbe anche la certificazione di un ricambio generazionale non andato come si era sperato: la generazione di Leo aveva portato in prima squadra gente come Piqué, Busquets, Bojan Krkic, Pedro e (seppure per altre vie) Fabregas, in una squadra che già annoverava fuoriclasse affermati come Puyol, Iniesta, Xavi e Victor Valdes. Tutti figli della Cantera, una stirpe capace di aggiudicarsi praticamente ogni trofeo, imponendo in Europa uno stile di gioco unico al mondo, destinato a segnare un’era nel mondo del pallone.

Permanenza difficile

Ecco, l’addio di Messi significherebbe il tramonto definitivo di quel calcio lì. Il sigillo finale all’epoca d’oro, già incrinata dai recenti flop in Champions League: le remuntade subite da Roma e Psg, prima ancora della goleada incassata dal Bayern. Troppo brutta per non avere conseguenze, anche se forse nessuno aveva immaginato davvero l’addio dell’uomo simbolo. Un’eventualità alla quale, probabilmente, non si era mai nemmeno data considerazione. Il tracollo di Champions, però, ha fatto capire a tutti (incluso Messi) che quella magia del vecchio Barça si era persa davvero.

La dirigenza ora cerca di ricucire, con il segretario tecnico Ramon Planes che annuncia ogni sforzo possibile per tentare di convincere Leo a restare in blaugrana. Difficile, vista la vastità di offerte allettanti e la complessità di garantire un nuovo progetto realmente vincente con la necessità di rifondare tutto. Il nuovo tecnico, Koeman, ha già iniziato la rivoluzione: via Suarez, Vidal e ridimensionamento di capisaldi come Busquets, Piqué e Sergi Roberto. Non proprio il biglietto da visita ideale per convincere Leo. E altro materiale scottante per il patron Bartomeu, per il quale il compito più arduo rischia davvero di essere quello di dover riallacciare un legame col tifo. Anche questo dipenderà dal futuro di Leo.

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