Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è intervenuto questo pomeriggio agli eventi organizzati in occasione della cerimonia inaugurale di Procida Capitale della Cultura 2022.
Nell’ex convento di Santa Margherita, dopo i saluti del sindaco Raimondo Ambrosino, del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, del Presidente della camera dei deputati Roberto Fico, del Ministro della cultura Dario Franceschini, del Direttore di Procida Capitale della Cultura Agostino Riitano, dello studente Giovanni D’Antonio vincitore delle Olimpiadi di filosofia, il Presidente Mattarella ha concluso la cerimonia con un suo intervento.
L’intervento integrale di Mattarella
Rivolgo un saluto molto cordiale al Presidente della Camera dei Deputati, al Ministro della Cultura, al Presidente della Regione, al Sindaco della Città Metropolitana di Napoli, al Sindaco di Procida, agli altri Sindaci presenti, a tutti i presenti, con molta cordialità.
Vorrei esprimere un forte e sincero apprezzamento a quanti sono attivamente impegnati nell’attuazione del programma così ricco di eventi per questo anno di Capitale della cultura.
Un saluto intenso e cordiale alle cittadine e ai cittadini di Procida, che è chiamata, appunto, a rappresentare l’importanza primaria che per l’Italia riveste la cultura, e a rappresentarla come Capitale.
La cultura evoca il termine capitale anche nell’altro significato di questa parola: la cultura è un capitale. Un capitale da valorizzare e da investire.
Lo è come somma delle espressioni dell’ingegno umano.
Lo è nell’eredità lasciata dai millenni nei paesaggi di luoghi incantevoli, come in questa isola stupenda.
Un altro significato si aggiunge ulteriormente: quello che emerge dal porre sotto i riflettori nazionali un luogo appartato, come, per definizione, è un’isola – una piccola isola. Che divenga, per un anno, il fulcro da cui viene valorizzata e si irradia l’esperienza culturale della Repubblica: e permanga poi, negli anni a seguire, nella rete ideale delle capitali della cultura.
Un vero e proprio laboratorio operoso.
È una responsabilità affascinante per i cittadini, per gli abitanti di Procida, per gli amministratori, per coloro che amano quest’isola.
Siamo, oggi, testimoni di questa impresa e voi, cittadini di Procida, ne siete protagonisti, nella logica di quella partecipazione che sta alla base di tutto – come ha sottolineato, con le sue parole, il direttore Riitano – perché la cultura è patrimonio della comunità.
Si tratta di un impegno che offrirà l’occasione per far conoscere meglio la natura di quest’isola, la sua gente, i panorami così suggestivi, l’arte, le qualità e quegli scorci tipici che recano il segno di tanta storia e di tanta umanità.
Un’isola tra quelle definite minori del Mediterraneo che diventa Capitale può apparire a taluno singolare.
Invece è una sfida di modernità e, insieme, un ritorno all’antico, alle sue migliori tradizioni e ai valori che ci ha trasmesso. Potremmo dire che si tratta di un moderno ritorno alla lunga storia della cultura italiana.
Nel tempo che viviamo non ha senso, è davvero inattuale, ragionare di centro e di periferie, come se al primo appartenesse un primato perpetuo e i ruoli territoriali non fossero frutto, invece, delle relazioni costruite sui territori.
Siamo, sempre più, tutti, nello stesso momento, centro e periferia. L’isola e la terraferma, la metropoli e il piccolo borgo, l’area montana e quella interna partecipano insieme alla vita, all’economia, al tessuto sociale e culturale del nostro Paese e, ormai, della dimensione globale, quella che meglio corrisponde alla cultura.
La pandemia ce ne ha fornito prova, quando abbiamo scoperto che il virus era penetrato nel nostro Paese, a Codogno.
Non a caso lì abbiamo celebrato, il 2 giugno del 2020, il giorno della Repubblica. Codogno capitale: per ribadire quella solidarietà che ci ha permesso di resistere e di ripartire.
Oggi, l’inaugurazione dell’anno di Procida come capitale della Cultura è, nuovamente, il segno di una Repubblica che si ritrova in tutti i luoghi, in tutte le comunità che la compongono.
Procida è Capitale perché è esempio di quella cultura italiana diffusa, che trova espressione nelle cento città e nei tanti borghi e che rappresenta, per essi e per l’intero Paese, un volano importante di crescita.
“Comunità”, “faro”, “àncora” sono i nomi che avete dato ai progetti che animeranno le attività in programma quest’anno: indicazioni e orientamenti di impegno per costruire consapevolmente il domani.
Sì, la cultura è motore di crescita.
È spinta all’apertura, moltiplicatore di energie civili.
È occasione di confronto, rispetto dell’altrui diversità. È ricerca di innovazione.
La cultura attrae turismo. E rende questo turismo più maturo, più capace di conoscere e di apprezzare e non soltanto di guardare distrattamente.
“La cultura non isola” è il motto che avete scelto e che abbiamo visto in tante lingue.
Questa scelta fa comprendere che Procida ha raccolto la sfida.
La cultura non è un luogo separato dal contesto sociale, una nicchia di attività umane voluttuarie o superflue. Bensì è bellezza che si trasmette, è pensiero che arricchisce, è conoscenza, etica, dialogo, emozioni.
Nella storia del Mediterraneo, le origini della nostra civiltà scaturiscono dall’incontro, dallo scambio, dalla navigazione in queste acque; dall’incontro che caratterizza, sempre, un percorso o un viaggio.
Procida ha vissuto intensamente il procedere dei secoli ed è stata teatro e officina di mutamenti, di passioni, di idee.
La stratificazione di esperienze e di saperi vi ha composto un vero e proprio atlante storico, che così si mostra ad abitanti e ospiti: un tempo luogo fortificato e oggi luogo aperto, un tempo luogo di reclusione e oggi luogo di accoglienza, espressione di una comunità in cammino, che intende valorizzare i propri spazi pubblici, i propri beni comuni.
Non custodia di un museo a cielo aperto, ma spazio da vivere.
Tutte le isole del Golfo partecipano di un fascino originale: per questo sono divenute mete di riposo, di turismo qualificato, soggiorno di intellettuali. E hanno configurato una sorta di vera cittadinanza culturale per artisti e scrittori, non soltanto italiani.
Si afferma con chiarezza, in questi luoghi, che la cultura è anche sinonimo di pace. La sua autenticità sta proprio nella capacità di promuovere curiosità che diventa comprensione, amicizia, convivenza, cooperazione.
Viviamo giorni terribili. Siamo travolti da immagini che pensavamo di aver consegnato per sempre all’archivio degli orrori non ripetibili nel nostro continente. Invece altro sangue innocente, altre vite spezzate, altri crimini spietati stanno nuovamente popolando gli abissi della disumanità.
L’aggressione compiuta contro l’Ucraina, contro la libertà e la stessa vita dei suoi cittadini, da parte del governo della Federazione Russa, costituisce una ferita che colpisce la coscienza di ciascuno e la responsabilità degli Stati.
Anche l’energia della cultura deve soccorrerci per fermare la guerra. Costruire la pace è un impegno che richiama i valori più profondi, a partire dal diritto di ciascuno a vivere in libertà, a scegliere il proprio destino.
Il patrimonio culturale genera patrimonio morale in cui risiede la civiltà di un popolo. Genera umanesimo. Sono le risorse che permettono ai popoli di ripartire, di rialzarsi, di ricostruire sulle macerie. Di riprendere a dialogare, di costruire su orizzonti comuni.
La cultura respinge la pretesa di chi vuole trascinarla nel vortice della guerra. Ribadisce, al contrario, la sua limpida vocazione al dialogo e alla pace.
I popoli europei sono intimamente legati da fili che la storia ha reso forti, preziosi, insostituibili: non possono e non devono essere lacerati per colpa di chi ha fatto ricorso alla brutalità della violenza e della guerra.
La letteratura, la musica, le arti costituiscono una rete e una ricchezza comuni che non devono essere smarrite.
È questo l’appello che da questa isola, da oggi Capitale della cultura di un Paese che ne ha grande tradizione, deve giungere per affermare quel coraggio di sperare di cui poc’anzi ci ha parlato Giovanni, per trasformarlo in volontà di speranza.
È in gioco il destino dell’intera Europa, che si trova a un bivio tra una regressione della sua storia e la sua capacità di sopravvivere ai mali del passato, e di superarli definitivamente.
Il mare che ci attornia è una ricchezza straordinaria: dobbiamo averne cura, e al tempo stesso riconoscerne il valore. Il mare – è stato poc’anzi rammentato – unisce. Il mare è vita. Il mare è solidarietà. ll mare è relazione tra i popoli. Il mare è cultura.
Anche per questo Procida, Capitale della cultura, è un’opportunità preziosa per tutta la Campania e, nel momento attuale, questo riveste una grande responsabilità.
Abbiamo il pensiero al dopo pandemia e siamo impegnati nella storica opportunità di un decisivo programma di rilancio dell’Italia per rendere il suo sistema più moderno e più efficiente.
Il nostro Paese riuscirà a raggiungere i traguardi che si è dato soltanto se il Meridione tornerà a crescere in modo equilibrato, nel segno di una forte innovazione e di una ritrovata coesione.
Buon anno della cultura a tutti i procidani. Buon lavoro come capitale.
Da Procida ci attendiamo di apprendere molto.
Vi auguro il meglio, e mi auguro che l’isola di Arturo – e di Elsa Morante – possa essere ancora di più conosciuta e ammirata.