Confiscati a un imprenditore edile di Palermo, Giovanni Pilo, 83 anni, residente in provincia di Roma, beni per 40 milioni di euro. L’operazione è stata condotta dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) che ha eseguito un provvedimento della sezione penale e misure di prevenzione del tribunale di Palermo, presieduta da Raffaele Malizia, in accoglimento della proposta formulata dal direttore della Dia.
Gli accertamenti patrimoniali effettuati dalla Dia hanno evidenziato una netta sperequazione fra i redditi dichiarati dal Pilo e gli investimenti sostenuti, da ritenersi pertanto frutto o reimpiego di capitali illeciti.
La confisca che ha colpito beni intestati al proposto nonché alla coniuge e al figlio, già sottoposti a sequestro dalla Dia nel giugno 2020, ha interessato una villa, 145 immobili, tra i quali anche numerosi terreni a Palermo, Roma e Trapani, l’intero capitale sociale di 8 società, di cui 5 con il relativo compendio aziendale; 4 polizze assicurative, 5 rapporti bancari.
Clan Gambino
Pilo, presunto esponente della famiglia mafiosa del quartiere palermitano di Resuttana (sposato con Anna Gambino, sorella di Giacomo Giuseppe detto “‘u’tignusu”, già capo del mandamento palermitano di San Lorenzo e componente della cupola provinciale), è stato sorvegliato speciale nel 1976 e nel 1985 e successivamente ha riportato una condanna a 7 anni al maxiprocesso di Palermo.
Sul suo conto hanno rilasciato dichiarazioni anche i collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta, Salvatore Contorno e Salvatore Anselmo.
Il sacco di Palermo
Schierato con i corleonesi nella seconda guerra di mafia degli anni Ottanta, Pilo ebbe un ruolo nei progetti di speculazione edilizia nel capoluogo siciliano, il cosiddetto sacco di Palermo. Durante tale periodo, alcune borgate vennero inglobate da un’espansione edilizia dissennata e abnorme, con la distruzione di numerose strutture architettoniche in stile Liberty e la perdita di importanti capolavori architettonici.