Il divorzio si consuma al volgere della sera. E le parole di commiato scelte da Davide Casaleggio sono di quelle lapidarie: “Lascio i 5S, non è più il Movimento. Nemmeno mio padre avrebbe riconosciuto questo partito. E se si cerca legittimazione in tribunale vuol dire che la democrazia interna è fallita”. E il crack matura proprio su quella piattaforma che il figlio di Gianroberto, cofondatore del M5s assieme a Beppe Grillo, aveva creato nel 2016 per estendere la democrazia interna alla creatura nata nel 2009. Un epilogo che materializza una scissione che è stata in realtà uno strappo progressivo, di un tessuto lacerato all’interno e ormai repellente persino alle toppe più resistenti.
Da Casaleggio a Conte
L’addio di Casaleggio, di fatto, crea una linea di demarcazione fra il vecchio e il nuovo. I nomi dei padri fondatori fuori dallo stato maggiore, considerando Beppe Grillo ormai lontano dalla sfera decisionale che lo aveva accompagnato nei primi anni. Le condizioni utili a creare un nuovo corso, annunciato in qualche modo dall’ex premier Giuseppe Conte poco prima dell’ufficialità del passo indietro di Casaleggio. “Il tempo dell’attesa e dei rinvii – aveva scritto su Facebook – è finito. Il Movimento 5 Stelle entra, forte delle sue radici, in una nuova storia. Giugno segna l’inizio del nostro ‘secondo tempo’: siamo finalmente in possesso dei dati degli iscritti ed è stato raggiunto l’accordo con l’associazione Rousseau”.
Verso il nuovo statuto
Conte ha parlato di “un lungo confronto”, costruito però su “una pietra che poggiamo alla base del nuovo progetto politico. Ringrazio in particolare Vito Crimi, con cui abbiamo concordato un cronoprogramma e che in questo periodo non si è mai risparmiato. Nei prossimi giorni il progetto politico sarà rivelato e discusso: gli iscritti con il loro entusiasmo e con le loro decisioni saranno il motore principale che ci guiderà in questa avventura”. Ora il passo sarà il voto sul nuovo statuto, cesoia finale con il passato.
Il tutto mentre, dal Blog delle Stelle, Casaleggio rivendica il ruolo di Rousseau: “Abbiamo costruito un modello di cittadinanza attiva che oggi è considerato tra i migliori 5 al mondo e ne sono profondamente orgoglioso. Il percorso della partecipazione dal basso continuerà lungo la strada che abbiamo tracciato mantenendo l’integrità, la coerenza e la solidità morale che abbiamo sempre coltivato, nei mille modi in cui sarà possibile“. Il futuro passerà per forza di cose da Conte, che si ritrova in mano lo scomodo compito di tenere insieme i pezzi. Far quadrare i conti e, soprattutto, le tessere del mosaico per farle remare tutte nella stessa direzione e convincerle che il nuovo corso è quello giusto.