“Si fa un gran parlare di come utilizzare i 209 miliardi che arriveranno dall’Europa. Ma le riforme necessarie per riuscire a spendere in modo efficace queste risorse, a oggi, non sono state nemmeno impostate. A partire da quella del lavoro, la più urgente. E poi fisco e burocrazia. La verità è che per il governo la fase 2 non è ancora iniziata”.
Così, in un’intervista al Corriere della Sera, il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
“Mi sarei aspettato di vedere già scritto il Piano nazionale delle riforme, mentre il comitato interministeriale per gli affari europei, che dovrebbe redigerlo, comincia solo oggi a lavorare. Si continua a parlare dei fondi che arriveranno dall’Europa pensando che risolveranno tutti i nostri problemi”, osserva il presidente di Confindustria Bonomi ricordando che “le risorse a fondo perduto ammontano a 80 miliardi quando l’Italia contribuisce con 55.
Questo comporta un saldo netto a nostro favore di 25 miliardi. Che sono tantissimi, sia chiaro. Poi ci sono i prestiti agevolati che porteremo a casa in funzione dei progetti che sapremo presentare. E qui l’esperienza ci dice che l’Italia non e’ stata in grado già in passato di spendere quanto ci veniva accordato. D’ora in avanti non potremo confondere l’Europa con task force e stati generali. Bisogna agire“.
Ecco di cosa ci sarebbe bisogno secondo Bonomi
Le tre riforme che vorrebbe leggere per prime nel piano del governo sono “fisco e burocrazia. Si tratta di riforme per cui non è necessario mobilitare risorse. Ma sono fondamentali, senza di esse non saremo in grado di correggere le storture che ci hanno relegato tra gli ultimi Paesi in Europa per crescita e produttività. Ma la prima è quella del lavoro”, chiarisce. In questo senso, quanto alle politiche attive, secondo Bonomi bisogna “distinguere le crisi tra quelle reversibili, da gestire con una Naspi riformata. Attenzione: in questo caso però l’assegno andrebbe subordinato all’esercizio della condizionalità: se mentre percepisci la disoccupazione rifiuti un posto di lavoro perdi il contributo.
Quando usare la cassa integrazione
Dove invece ci sono crisi strutturali e quindi irreversibili ha senso usare la cassa integrazione. Non innumerevoli tipi di cassa come oggi, però: uno soltanto. Le imprese sprecano troppo tempo ed energie con un sistema complicatissimo“. Quanto al fisco, per il leader degli industriali “la pressione fiscale sulle imprese e’ altissima, e togliendo l’Irap si premia chi assolve con lealtà al patto con lo Stato pagando le tasse. Sento ripetere che la prima cosa è perseguire una seria lotta all’evasione fiscale. Se il governo deciderà di imboccare seriamente la strada della lotta all’evasione ci avrà dalla sua parte”.