Nel supporto spirituale e nell’assistenza caritativa la Chiesa è in prima linea in America Latina per fronteggiare l’emergenza sanitaria. La pandemia nel continente d’origine di Papa Francesco travolge soprattutto i settori più poveri ed emarginati di una società drammaticamente segnata da colossali disuguaglianze economiche.
Imperatrice d’America
La domenica di Pasqua nel Santuario dedicato alla Madonna di Guadalupe, “Imperatrice dell’America”, si è svolto “l’Atto di consacrazione alla Santissima Vergine Maria, sotto il titolo di Nostra Signora di Guadalupe, davanti all’espansione del Covid-19 che ha paralizzato il mondo”, come ha spiegato l’arcivescovo di Truijllo, monsignor Miguel Cabrejos Vidarte, presidente del Celam (Consiglio episcopale latinoamericano) che ha promosso l’iniziativa, riferisce Fides. La messa, presieduta dal cardinale Carlos Aguiar Retes, primate del Messico, è stata trasmessa dai media: radio, televisione e piattaforme digitali. Oltre ai paesi dell’America Latina e dei Caraibi, all’atto di consacrazione si sono unite le Chiese locali degli Stati Uniti, del Canada e delle Filippine. La trasmissione sui social ha raggiunto quarantamila persone contemporaneamente. Il Celam, sottolinea l’agenzia missionaria della Santa Sede, aveva invitato tutte le comunità del continente ad unirsi spiritualmente a questo atto, suonando a distesa le campane e preparandosi alla messa e alla consacrazione con la recita del Rosario.
Piccoli e fragili
“Nei nostri popoli esiste una fede profonda nella Santissima Vergine Maria, e sempre, nei momenti critici come epidemie, peste e guerre, hanno supplicato con fiducia la protezione materna della Madre di Gesù” spiega a Fides il presidente del Celam, ricordando l’apparizione a San Juan Diego. “Oggi torniamo a sentirci piccoli e fragili di fronte a malattie e dolori– aggiunge il presule- per chiedere la tua intercessione per tutta l’umanità, in particolare per i tuoi figli più vulnerabili: anziani, bambini, malati, indigeni, migranti“. Monsignor Cabrejos Vidarte evidenzia come siano impresse in modo indelebile, nel cuore dei latinoamericani, le dolci parole rivolte a San Juan Diego: “Non si turbi il tuo cuore per nessuna cosa, non sono qui io, che sono tua Madre?”. L’episcopato latinoamericano chiede a Nostra Signora di Guadalupe “la salute e la fine della pandemia” e “in questo momento difficile rivolga su di noi il suo sguardo e ci apra la porta della salute, della speranza e della gioia”.
Il Nuovo Mondo
L’America Latina è la terra di Jorge Mario Bergoglio, ma è stata anche nel cuore del suo maestro Giovanni XXIII. Lo dimostra uno dei suoi primissimi discorsi da pontefice, il 15 novembre 1958 al Consiglio episcopale dell’America Latina. Papa Roncalli ricorda la bellezza e la fatica dei cattolici in quella terra nella quale, segno e fattore di più intima e profonda unità, l’appartenenza religiosa costituisce un blocco compatto sul quale brilla il vessillo della croce che sopra di esso ha da secoli inalberato la Chiesa Cattolica Apostolica Romana. E il cattolicesimo latino-americano, secondo lo sguardo profetico di Giovanni XXIII, è elemento di grandissimo peso per la vita della Chiesa intera e le sue sorti future. Secondo don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione di volontariato Meter, Roncalli, con paterna amorevolezza, indica i mezzi e i suggerimenti per far vivere e brillare la Chiesa nell’immediato e nel futuro per risvegliare le coscienze e per raggiungere con la catechesi e l’impegno degli apostoli le zone più remote, quelle più lontane. Significativamente, poi, Giovanni XXIII celebra la sua prima messa da pontefice fuori dal Vaticano, in occasione della visita al Collegio Urbano di Propaganda Fidei, il 30 novembre 1958. Come farà mezzo secolo dopo Jorge Mario Bergoglio, Roncalli richiama alla misericordia quando sostiene che l’umana libertà dell’uomo deve corrispondere alla chiamata di Dio e se ciò non avviene costituisce un pericolo per i singoli e per i popoli.
Missione di misericordia
“Questa mancata corrispondenza della umana libertà alla chiamata di Dio a servizio dei suoi disegni di misericordia costituisce il più terribile problema della storia umana e della vita dei singoli uomini e dei popoli“, disse Giovanni XXIII nel radiomessaggio al mondo per Natale, il 23 dicembre 1958. Il Papa buono ben 117 volte utilizza la parola «misericordia», con vibranti e accorati richiami. Come quello alla glori ficazione di Maria che è il richiamo della sua missione, di tutto il disegno che Dio ebbe su di lei: missione di misericordia e di salvezza, perché il disegno di Dio è missione di misericordia. Parole pronunciate all’udienza generale del 1° maggio 1963. Ma due anni prima, Giovanni XXIII indicava nel perdono il cammino luminoso verso la misericordia del Signore, descrivendo il perdono di Assisi come luminosa attrattiva del popolo cattolico all’udienza generale del 2 agosto 1961.
La voce e il sangue di Cristo
Sulle orme dell’ideatore del Concilio, Francesco definisce la misericordia come “architrave della Chiesa” nella bolla Misericordiae Vultus. Echi roncalliani. Giovanni XXIII, infatti, in un discorso ai pellegrini, convenuti a Roma per la Cattedra di Pietro (28 ottobre 1959) scriveva: “Il mondo ancora e sempre si regge perché la voce e il sangue di Cristo gridano pietà e misericordia“. Un concetto poi ribadito anche nel radiomessaggio al clero e ai fedeli di Malta del 24 luglio 1960: “È la misericordia di Dio che ci ha affidato le gioie e le prove degli uomini. Per essere saldi nel Signore e nella morale è necessaria la pratica generosa dei dieci comandamenti, dei precetti della Chiesa e delle quattordici opere di misericordia”. Solo così è possibile resistere alle seduzioni che qua a là fanno sentire la loro voce di sirene ingannatrici. La misericordia, a giudizio di don Di Noto, non può essere solo una mera idea ma necessita delle opere. Nel radiomessaggio del Sabato Santo (13 aprile 1963), Roncalli sottolineò come le opere spirituali e corporali, nell’esercizio attivo delle opere di misericordia, danno testimonianza di una vita generosamente offerta a Dio e alle anime. Già il 16 dicembre 1959 il pensiero di Giovanni XXIII era stato, secondo Di Noto, chiaro, determinato e senza mezzi termini nell’esortare i nuovi cardinali a distaccarsi dalla ricchezze e dai legami terreni, ed essere miti e misericordiosi. Un messaggio puntellato di concetti che saranno ripresi cinquant’anni dopo da Francesco. Le priorità per chi serve la Chiesa invece di servirsene sono la bontà mite e misericordiosa, che nasce dal cuore largo come la rena, che sta sul lido del mare. E cioè il servizio pronto e diuturno della verità e della carità, nell’esercizio delle quattordici opere di misericordia; la fame e la sete della giustizia, per l’avvento del Regno di Dio; la prontezza al sacrificio che è legge sovrana di spirituale fecondità. Chi governa la Chiesa ripone non nel potere la sua autorità, ma nel servizio.
Già e non ancora
Un legame saldissimo conduce da Giovanni XXIII a Francesco, così come emerge dalla vita, dalle parole e dalla viva testimonianza di vita. Roncalli, realista e sognatore, con il Concilio ebbe a indicare l’orizzonte della storia nella quale i credenti dovevano guardare e muoversi con l’apostolato. La Chiesa non doveva parlare di sè, ma di Cristo per andare incontro all’uomo, ai suoi drammi, ai dolori e ai suoi bisogni di pace e di misericordia. Per Di Noto il linguaggio di Giovanni XXIII fu più pastorale che nel rigore della metafisica e della teologia. Nessuna dottrina fu messa in discussione dal Concilio e Roncalli non aveva intenzione di modificarla, ma aprì alla natura umana ferita al dolore degli uomini la speranza e invocava nella Parola di Dio l’azione del balsamo e della guarigione. In perfetta continuità con il Papa buono Roncalli, il Papa misericordioso Bergoglio non interrompe questo umanesimo che trova nella misericordia di Dio la mirabile continuazione dell’azione dello Spirito Santo per rendere manifesta la natura e la missione di Dio nella vita dell’umanità lacerata e bisognosa di resurrezione, di vita eterna nella carne, nel già e non ancora.