Alla storia della piccola Huma Younus si aggiunge un altro capitolo tutt'altro che felice. La 14enne pakistana, di fede cristiana, rapita nell'ottobre del 2019, dopo essere stata violentata, è stata costretta a convertirsi all'Islam e poi a sposarsi con uno dei suoi rapitori. Per il suo caso i genitori e il loro legale avevano fatto ricorso all'Alta Corte pakistana, affinchè il matrimonio venisse dichiarato nullo.
L'Alta Corte applica la sharia
Nel corso dell'udienza che si è tenuta questa mattina, presso l'Alta Corte del Sindh, a Karachi, i due giudici Muhammad Iqbal Kalhoro e Irshad Ali Shah, hanno stabilito che, anche qualora Huma fosse minorenne, il matrimonio tra la ragazzina e il suo rapitore Abdul Jabbar resterebbe comunque valido perché secondo la Sharia, la legge islamica, una volta avuto il primo ciclo mestruale una bambina di qualsiasi età può contrarre matrimonio. Nessun valore è stato dato al Child marriage restraint act, la legge che vieta i matrimoni con minori entrate in vigore nel 2014 in Sindh e finora mai applicata.
Acs: “Ennesima sconfitta della giustizia”
“L'ennesima sconfitta della giustizia e l'ennesima riprova che lo Stato non considera i cristiani dei cittadini pachistani”, è il commento rilasciato ad Aiuto alla Chiesa che soffre da Nagheena Younus dopo l'udienza. “La sentenza di stamattina getta un'onta sul sistema giudiziario pachistano – ha commentato Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia – E' inimmaginabile che si possa far prevalere la sharia sulla legge di Stato. Noi esprimiamo tutta la nostra indignazione, ma al tempo stesso non ci arrendiamo. Per Huma e per le oltre mille ragazze e perfino bambine che in Pakistan ogni anno vengono rapite, stuprate, convertite con la forza all'Islam e costrette a sposare il loro rapitore. Ma apprendiamo oggi che tutto è lecito, perché in Pakistan anche una bambina di otto o nove anni che ha già avuto le mestruazioni, può essere legalmente data in moglie“.