Del drammatico mese nelle mani dei suoi rapitori Anna Bulgari non ha mai parlato pubblicamente. Spiegano i parenti: ”Aveva cancellato quei momenti orribili, era una donna molto forte e si era imposta di dimenticare”. Ai dibattimenti in tribunale assisteva con calma sorprendente, lungo i vari gradi di giudizio che portarono, tra sentenze ribaltate e scarcerazioni, a 140 anni complessivi di condanna per i banditi che avevano organizzato e gestito un sequestro durante il quale la famiglia Bulgari ha sempre dichiarato di essersi sentita abbandonata dallo Stato.
Coraggio
Racconta al Corriere il figlio Giorgio, oggi affermato notaio nella capitale: “Sono riuscito a superare quella situazione solo perché mamma mi dava coraggio. Da quando ci presero, fino alla liberazione alla vigilia di Natale, ho avuto la fortuna che non ci separassero mai e abbiamo vissuto sempre in tenda insieme. Se lei non ci fosse stata, non so se ce l’avrei fatta. Con il tempo non le piaceva tornare sull’argomento. Con gli altri lo aveva cancellato. Tra noi era diverso, anche se non ne parlavamo si era creata un’intesa così speciale, che solo noi sapevamo che alcune parole o certe situazioni ci colpivano perché riportavano la mente a quei giorni lontani ma ancora così vivi. Sui giornali se ne scrisse tanto. Quei fatti sono diventati un pezzo di storia del nostro Paese. Oggi per fortuna i sequestri non sono più di attualità”.
Riscatto
Il suo nome resterà indissolubilmente legato a una delle pagine più buie della storia italia, quella ventennale dei crudeli rapimenti di ostaggi trattati come merce da vendere e dei riscatti miliardari negoziati in modo estenuante da spietate organizzazioni criminali. E’ morta ieri a 93 anni Anna Bulgari Calissoni, erede della famosa dinastia di gioiellieri, che fu rapita insieme al figlio Giorgio, diciassettenne, nel 1983. La donna e il figlio furono sequestrati ad Aprilia (Latina), poco a sud di Roma, dall’Anonima sarda. Per il riscatto vennero pagati 4 miliardi di lire, ma il ritardo nel pagamento costò al ragazzo, all’epoca diciassettenne, l’amputazione di un orecchio. Nel processo di Nuoro contro il Movimento armato sardo, Giorgio raccontò: “A mutilarmi fu il bandito che si faceva chiamare Francesco. Usò un normale coltello. Tagliò con molta lentezza, ma alla fine non riusciva più ad andare avanti. Per togliermi l’orecchio me lo dovettero strappare via“.
Vigilia di Natale
Otto anni prima, per il rapimento del cugino di Anna Bulgari, Gianni, era stato pagato un riscatto di un miliardo e 300 milioni di lire. Dopo nemmeno un mese, il 17 dicembre, passati due giorni dalla scadenza dell’ultimatum arriva una busta macabra, dentro c’è un pezzo dell’orecchio di Giorgio. Il 21 dicembre vengono consegnati i soldi, in un tratto lungo la via Aurelia, a nord di Roma. La sera della vigilia di Natale, il 24 dicembre, madre e figlio vengono rilasciati vicino a dove erano stati rapiti. Giorgio ha una grave infezione, il racconto dell’amputazione subita è tremendo. Ci vogliono cinque interventi di ricostruzione negli Stati Uniti per rimettere a posto lo scempio, sua madre è piena di piaghe per i maltrattamenti, le notti all’addiaccio, gli spostamenti. Dieci anni prima, a Roma, era stato rapito Paul Getty, allora sedicenne, nipote del magnate del petrolio, anche a lui venne mozzato un orecchio. Il sequestro durò da luglio a novembre.